A distanza di quindici giorni dal Gran Premio di Toscana al Mugello, che ha fatto scoprire al Circus e agli appassionati di tutto il mondo uno dei tracciati più tecnici per velocità e difficoltà dell’intero mondiale, la Formula 1 volta completamente pagina e per il 10 round di questa tribolata ma avvincente stagione si sposta in Russia sul circuito di Sochi, realizzato nel 2014 intorno al Parco Olimpico e caratterizzato da curve a 90° a media e bassa velocità, tranne la curva 3 che è una lunga piega ( a 180°) di 750 mt, che lo rendono simile a un tracciato cittadino.  

Questa conformazione, oltre ai bassi valori di aderenza del fondo, hanno fatto si che Pirelli abbia scelto per questa gara la soluzione delle tre mescole più tenere, mentre al Mugello aveva portato le più dure, ma nonostante questo i tecnici della casa milanese reputano sia possibile la strategia su una sola sosta. 

Per contro, il circuito di Sochi è invece uno dei più impegnativi per i freni, tanto che i tecnici Brembo lo paragonano a piste come Monza e Spa. Questo perché è particolarmente alta la media delle decelerazioni massime sul giro (4,2 g), inferiore solo ai 4,3 g del GP Belgio. Infatti nella metà delle frenate di Sochi la decelerazione supera i 4 g e in un paio di casi, sempre in curve a destra in corrispondenza di cali di velocità superiori ai 200 km/h, si spinge oltre i 5,5 g, come non avviene in nessun altra pista del Mondiale. I piloti utilizzano i freni in 10 delle 18 curve della pista russa, per un funzionamento complessivo sul giro dell’impianto frenante di 15 secondi e un quarto, equivalenti al 17 per cento della durata complessiva della gara. La più dura è quella alla curva 2, dove i piloti arrivano a 336 km/h e azionano i freni per 1,85 secondi durante i quali le auto percorrono 109 metri indispensabili per scendere a 131 km/h. Il carico sul pedale del freno è di 144 kg e la decelerazione di 6,1 g.

Detto degli spunti tecnici, sotto il profilo sportivo la gara russa riserva spesso sorprese causa i frequenti incidenti che fanno intervenire la safety car che, inevitabilmente, va a modificare le situazioni di gara e le strategie in atto. Quindi dopo due tra i gran premi più pazzi visti negli ultimi anni, quello di Monza e del Mugello, non possiamo augurarci che non ci sia il due senza il tre, naturalmente senza incidenti cruenti. D’altronde la realtà insegna che in condizioni normali diventa difficile per tutti mettere in discussione la supremazia delle due Mercedes, mentre per le posizioni immediatamente successive la lotta diventa sempre più accesa con il passare delle gare. E di questo  non possiamo che essere contenti.