Di Eugenio Mosca – Foto di massimo Campi
Tre generazioni, a coprire un arco temporale di oltre 60 anni, che poco prima si sono alternate al volante della Alfa Romeo Giulia Ti Super 1600 condividendo in modo attivo quella che è la passione di famiglia. Una bella soddisfazione per il capostipite, Massimo, che forse tradito dall’emozione si lascia sfuggire che potrebbe essere il modo migliore per chiudere la sua carriera.
Una carriera intensa e ricca di soddisfazioni, anche se partita un po’ tardi. Come mai?
“La passione c’è sempre stata – racconta Massimo Sordi -. Però nel mio caso non c’era il papà con i soldi, perciò prima ho dovuto rimboccarmi le maniche e lavorare sodo per avere le risorse necessarie a sfogare questa passione. Perciò ho iniziato un po’ tardi a correre: nel 1984, come navigatore di Angelo Beretta nei rally. La prima gara fu il Rally di Sardegna, dove ci presentammo con una GTA targata Sassari, perciò il pubblico ci scambiò per piloti locali. L’anno successivo Beretta scelse di limitare un po’ le partecipazioni, perciò presi in mano io il volante, cavandomela anche abbastanza bene: tanto da trovarmi in testa al campionato a due gare dalla fine, ma dando ascolto ai miei rivali me ne andai in vacanza saltando una gara, mentre loro furbescamente parteciparono ad entrambe le rimanenti gare fregandomi per un punto. Ma ci siamo rifatti nel 1986, con l’Assoluta Rally. Inoltre mi presi la bella soddisfazione di fare il secondo assoluto con la GTA al Rally di San Remo”.
Hai iniziato tardi ma poi ti sei dato da fare per recuperare il tempo perso, vero?
“Si – ridacchia Sordi -. Una volta, a Vallelunga, disputai quattro corse nella stessa giornata: con la Ferrari 512 BB e le Alfa Romeo GTA 1300, GTAm e 155 GTA. Devo ammettere che a sera mi sentivo un po’ stanchino. Inoltre l’ultima corsa mi presi anche un certo spavento, perché con la 155 GTA mi trovavo in prima fila in mezzo a un sacco di Porsche e per un problema alla frizione restai piantato al via, ma per fortuna mi evitarono tutti. Poi riuscii a partire rimontando su tutti e arrivando ad un passo dalla vittoria. Un’altra volta alla Cividale-Castelmonte mi ero iscritto contemporaneamente con la Maserati 200 S e la GTA. Mi ero organizzato facendo portare all’arrivo il Motobecane di mia figlia e dopo essere salito con la GTA lo utilizzavo per scendere alla partenza, in fuoristrada attraversando il bosco. Devo dire che nell’occasione potei contare sull’aiuto del Direttore di Gara: gli chiesi di perdere un po’ di tempo nel caso non mi avesse visto arrivare in tempo, per darmi modo di salire in macchina”.
In questa passione poi hai coinvolto tutta la famiglia, a partire da tua moglie, com’è andata?
“Elena frequentò un corso di pilotaggio da Henry Morrogh, poi partecipò ad alcune gare con una Lotus Seven ma, come spiegava lei: “correva piano”. Per dare l’idea, in una edizione della Trento Bondone sentì un rumore strano dal motore, parcheggiò la vettura in una piazzola e si mise tranquilla a bordo strada a leggere un libro. Anche mia figlia Monica frequentò il corso da Morrogh, cavandosela anche piuttosto bene tanto da piazzarsi seconda nella sfida di fine corso, ma poi preferì concentrarsi sul lavoro”.
L’attività subì una netta accelerazione con l’arrivo del figlio Fabio, che però all’inizio sembrava avviato alla trafila con le monoposto, come ci racconta lui stesso...
“Frequentai il corso di pilotaggio di Stohr e a detta degli istruttori pareva me la cavassi piuttosto bene. Perciò valutammo la possibilità di affrontare la trafila con le monoposto, partendo dalla F. Campus per passare poi alla F. 3 con l’obbiettivo di una carriera professionistica. Ma oltre ai costi proibitivi, che peraltro non garantivano nulla, non c’era spazio per conciliare anche le altre cose come studi e attività. Perciò mio padre mi disse: dato che correre è la passione di famiglia, corriamo insieme e ci divertiamo comunque. Devo dire che è stata la scelta migliore, perché con i soldi che avremmo dovuto spendere per essere competitivi con le monoposto abbiamo corso per tanti anni, con macchine molto belle e togliendoci tante soddisfazioni”.
Diamo un’idea…
“Beh, sono circa trent’anni che corriamo insieme, perciò oltre 300 gare”.
“In totale, da quando ha iniziato Massimo Sordi, sono circa 1400 trofei, dei quali 600 corrispondono a vittorie assolute o di categoria”, interviene Angelo Falzone, che da sempre si occupa della manutenzione delle macchine di famiglia e della bella sede di Baranzate, dove abbiamo raccolto questa intervista con la famiglia Sordi quasi al completo.
Com’è cominciata questa avventura insieme?
“Nel ‘93 volevamo correre nella gara dell’Europeo al Paul Ricard – prosegue Fabio -, ma io non avevo ancora la Licenza Internazionale per la quale era necessario ottenere dei punti in alcune gare, rally o in pista. Perciò decidemmo di correre il Rally di San Remo con una Giulietta Ti, ma dopo la prima prova mio padre aveva 39 di febbre, perciò tornammo a casa. Poi disputammo ancora dei rally, ma valutando fossero troppo pericolosi con le autostoriche decidemmo di orientarci verso la Velocità in pista, con le GTA”.
Dato che correvate insieme sulla stessa auto vi siete sempre trovati d’accordo sulla messa a punto?
“Mai! - ribatte deciso Fabio - Durante le prove io chiedevo sempre di modificare qualcosa, ma mio padre guardava Angelo e insieme mi rispondevano di provare ad adattarmi al mezzo. Col senno di poi devo dire che questa scuola mi è servita, perché oggi, pur non essendo un pilota professionista, quando salgo su un’auto, soprattutto tenendo presente che si tratta di auto storiche, riesco a capire cosa va bene e cosa meno bene, e di conseguenza a gestirla i modo adeguato”.
C’è un aneddoto di questa lunga “convivenza” che ricordi in modo particolare?
“C’è stato un periodo in cui avevamo preso l’abitudine di andare nel fine settimana a giocare a golf. Un sabato ci dimenticammo di avere le qualifiche della Coppa Intereuropa. Preso atto della nostra buona fede il Direttore di Gara ci ammise comunque alla gara, a condizione di partire dietro tutti. Partì mio papà bello carico, con la GTA 1600, e al cambio pilota mi consegnò la macchina in terza posizione assoluta. A mia volta partii bello deciso e ben presto arrivai negli scarichi della Cortina in testa alla gara. Cominciai a pressarla e all’ultimo giro lui commise un errore uscendo largo alla seconda di Lesmo, finì sul tappetino e, come spesso capita, la macchina schizzò contro il rail all’interno. Io portai a termine il giro acclamato dal pubblico, che allora c’era, perché eravamo italiani e aveva apprezzato quel duello con il pilota straniero. Conservo ancora quella coppa a casa, una delle poche che mia moglie accetta, a cui tengo molto perché la conquistammo insieme con una gara memorabile”.
A proposito di trofei, tra i tanti disseminati ovunque, nell’ufficio di Massimo Sordi ne spiccano di particolari. Gli chiediamo: sei legato a qualcuno in particolare di questi?
“Mi verrebbe da dire l’ultimo conquistato. Scherzi a parte, questi che conservo in ufficio sono di alcuni collaboratori significativi. Della stessa Ferrari, quando partecipammo al Challenge storico, oppure particolari come quello messo in palio da Gucci, che ci venne consegnato proprio in via Montenapoleone dove organizzammo un evento. Perciò trofei che provengono non solo dalle corse, ma anche da mostre o concorsi di eleganza”.
Con la Ferrari hai avuto un legame piuttosto stretto, vero?
“Si. Con Piero in modo particolare. Tanto che mi concesse di far ricostruire da Dallara la scocca della 333 SP 009 che andò distrutta nell’incidente a Road Atlanta in cui rimase coinvolto Barbazza. La scocca nuova fu ricostruita da Dallara e machiata 009/A. Qui conservo l’originale, allestita come maquette, che naturalmente non venderò mai. Ebbi modo di conoscere anche l’”Ingegnere”: lo ricordo seduto nel suo ufficio in modo professionale, mentre utilizzava un linguaggio un po’ ostentato. Insomma, traspariva un’immagine tra il burbero e il professionale, almeno all’inizio, perché poi con chi gli piaceva si lasciava un po’ andare”.
Poi la chiacchierata si sposta al piano di sotto, nei saloni che ospitano una collezione da fare invidia ad un museo. In ordine sparso: Ferrari 512 BB, Millechiodi e 333 SP, Maserati 200 SI, Porsche 935, Alfa Romeo 155 S1, D2, GTA e GTAm, Lancia Stratos e 037, e tante altre ancora.
La voglia di collezionare auto è partita contemporaneamente alle corse?
“Abitando a Milano passavo spesso davanti alle vetrine di Crepaldi, dove erano esposte bellissime auto. Tra cui la 512 BB che ora è qui, con numero di telaio 24, l’ultimo della serie costruita. Era praticamente nuova, aveva corso una sola volta a Monza con Brambilla. Gli chiesi di vendermela ma lui non era dell’idea. Gli feci una corte spietata per diversi anni: passavo spesso a trovarlo alla mattina alle 7.30 e lui mi diceva “andiamo a bere un bianchino”. Tante altre volte andammo a giocare insieme a golf, dove peraltro faceva un po’ il furbetto. Beh, tra partite a golf e tanti bianchini, un bel giorno davanti al solito calice mi propose in blocco la BB e la “Millechiodi” che gli chiedevo a tempo, alle quali però aggiunse una Stratos, la Gamma Coupè personale di Pininfarina, e una 131 Rally. Tutto per 275 milioni di Lire, che all’epoca erano tanti soldi ma se pensiamo al valore attuale di quelle auto. Naturalmente affare fatto!”
“D’altronde – prosegue Sordi - negli anni ho venduto alcune macchine guadagnando cifre di decine di volte superiori a quanto le avevo pagate. Ad esempio con una Ferrari SWB, pagata 180 milioni, posso dire di avere moltiplicato di molte volte il valore di acquisto. Però ci tengo a dire che per me non si trattava di buttare dei soldi semplicemente per piacere personale, ma di veri e propri investimenti. Infatti molti di questi affari mi sono serviti anche allo sviluppo delle aziende”.
Ed eccoci alla terza generazione di Sordi in pista: Giulio e Mattia, ma anche la più piccola Maria. Possiamo definirla una conseguenza naturale?
“Certamente – conferma papà Fabio -. Loro ovviamente si sono appassionati fin da ragazzini, ma dato che mia moglie non ama molto le auto da corsa gli lascia poco tempo, perché prima vengono gli impegni scolastici e tutto il resto. Perciò non hanno avuto modo da praticare kart a livello competitivo, dovendosi accontentare di quelli a noleggio dove li portavo appena possibile. Comunque hanno coltivato la passione ed ora che hanno raggiunto l’età vogliono praticarla”.
Giulio ha debuttato l’anno scorso nell’Alfa Revival Cup, giungendo terzo assoluto. Davvero niente male all’esordio, vero?
“Si. E migliora di gara in gara – conferma soddisfatto Fabio -. E pensare che a inizio stagione ci eravamo accordati con Giuliano Facetti per fare un motore tranquillo. Invece sono venuti fuori 167 CV e la Giulia è in continua evoluzione”.
“Inoltre ha dimostrato di correre con la testa – sottolinea nonno Massimo -, proseguendo la tradizione di famiglia. Ad esempio nella gara di Monza corsa in condizioni molto difficili, ha conquistato il terzo posto di categoria (dietro a due GTA), ma soprattutto non ha fatto errori”.
E’ così che si è guadagnato la promozione nell’equipaggio “principale”?
“Si – ridacchia papà Fabio -. C’era già l’idea di approfittare della 2 Ore di Magione per poter correre tutti e tre insieme sulla Giulia, ed è stato davvero bello”.
Ma c’è qualcun altro che scalpita, vero?
“Assolutamente si. Mattia è rimasto fregato dall’arrivo della pandemia, a causa della quale sono stati bloccati i corsi per le Licenze. Ma ora pare che la situazione si stia sbloccando, perciò scalpita. Credo che quest’anno sarà della partita anche lui”.
Ma non è finita qui, vero?
“No. C’è anche la più piccola, Maria (13.enne), che è molto appassionata e pratica un po’ di kart. Ha fatto il corso kart Birel. All’inizio non andava male, poi ha visto un amico ribaltarsi ed è rimasta un po’ impressionata, perciò andava velocissima sul dritto ma poi frenava troppo e percorreva piano le curve. Quindi l’abbiamo un po’ catechizzata ed ora sta ritrovando confidenza, pertanto credo che col tempo le faremo frequentare qualche corso anche per automobili, di cui è molto appassionata”.
Infatti mentre papà Fabio pronuncia queste parole, e Massimo ci illustra i pezzi della collezione, Maria salta da una macchina all’altra, soprattutto quelle scoperte, provando meticolosamente la posizione di guida ed i comandi.
Le chiediamo: quale tra queste auto ti piace di più?
“La Ferrari 512 BB – risponde senza titubanze -. Ma anche la 333 SP”.
Beh, buon sangue non mente!