Bob Wollek è stato uno dei grandi campioni nelle gare di durata ma, nonostante le 30 partecipazioni, non gli è mai riuscito di conquistare la regina della specialità: la 24 Ore di Le Mans.

 Di Massimo Campi.

Bob Wollek era nato il 4 novembre 1943 in Alsazia durante l’occupazione nazista. Il padre lo chiamò Bob, trasgredendo agli ordini impartiti dalla Wermacht che non gradiva un nome filo americano tra i nuovi nati. Viveva a Bertatt, vicino a Strasburgo, nella sua Alsazia, con la moglie Michelle. La passione per la bicicletta era iniziata a 10 anni e con la due ruote ha pure affrontato la trasferta da casa fino a Le Mans per disputare la gara a lui più stregata. Grande spirito sportivo, diventa Campione del mondo universitario e militare di sci alpino e dal 1966 è nella squadra nazionale francese. Ma nel 1968 a Grenoble subisce un serio infortunio che lo costringe a dare l’addio alla carriera di sciatore professionista. Intanto partecipa, per puro diletto, con una Renault 8 Gordini ad un raduno vicino al Monte Bianco, dove vince la prova dimostrando di saperci fare anche con il volante in mano.

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Accantonato il sogno con gli sci, decide di puntare a diventare un pilota automobilistico professionista, prima nei rally  per passare successivamente alla pista. Arriva secondo alle selezioni del Volante Shell, poi passa all’Alpine Trophy Le Mans vincendolo e guadagnandosi una partecipazione alla 24 Ore di le Mans 1968 che conclude all’11° posto su una Alpine 1300. Passa alle monoposto, in Formula 3 prima di fare il salto in Formula 2, correndo anche con il team Rondel di Ron Dennis: vince la gara di Imola, nel 1972, ma non riesce a trovare i giusti appoggi per entrare nell’abitacolo di una Formula 1. Quindi torna alle ruote coperte, dove trova la sua dimensione con un grande amore per le gare di durata.

Wolleck ha corso e vinto in coppia con alcuni tra i più grandi piloti di endurance, come A.J.Foyt, Hans Stuck, Jochen Mass, Jackie Ickx, e con molte delle vetture che hanno fatto la storia delle gare di durata: Alpine, Ferrari, Matra, Lancia Lc2, ma è soprattutto al volante delle vetture di Stoccarda che ha colto i maggiori successi. E’ diventato pilota Porsche nel 1975, “tradendo” la casa tedesca solo nel biennio 1984 e 1985 quando ha guidato per il Team Lancia di Cesare Fiorio, per poi ritornare con la casa tedesca. Quando non ha corso con le vetture ufficiali ha impugnato il volante di quelle dei migliori team satelliti, come Loos, Kremer o Joest. Ha corso con tutti i modelli Porsche per 25 anni: 935, 956, 962, 911GT1, GT2, GT3 ed anche con la 917 replica.

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Nel suo palmares figurano tre titoli nel Campionato Tedesco Gruppo 5 (1978, 1982 e 1983), per quattro volte sale sul gradino più alto del podio alla 24 Ore di Daytona (1983, 1985, 1989 e 1991), trionfa anche alla 12 Ore di Sebring 1985 in coppia con Foyt e totalizza 12 vittorie in gare mondiali con Lancia e Porsche. In Italia, con la Porsche 956 del Team Joest, Bob Wollek ha vinto la 1000 Km di Monza del 1983, in coppia con Terry Boutsen, battendo le vetture ufficiali in crisi con i consumi.

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E’ ricordato anche per certe sue prese di posizione e per aver stracciato in pista nomi più famosi del suo, ma è stato anche autore di alcuni episodi famosi, in negativo, come quello che è costato la vittoria alla Porsche GT1 a Le Mans nel 1997: la sua uscita di strada ha favorito la vittoria della TWR-Porsche di Alboreto-Joahsson-Kristensen. La maratona della Sarthe era il cruccio di Wollek, che ha preso il via in 30 edizioni della gara, spesso con possibilità di vittoria, ma senza mai riuscire nell’impresa. Solo il grande Pescarolo ha partecipato alla 24 Ore di Le Mans più volte di Wollek,  ottenendo però quei risultati che sono sfuggiti all’alsaziano. Nella gara francese Wollek è arrivato secondo per ben quattro volte, terzo altre due volte, vincitore di classe in quattro occasioni, mentre per tre volte ha staccato la pole position in prova. Ma nonostante questo indubbio feeling con il tracciato della Sarthe mai è riuscito a salire sul gradino più alto del podio (Assoluto) in gara.

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Ci sono piloti che sono riusciti a vincere la 24 Ore di Le Mans alla prima partecipazione, poi alcuni di loro non ci sono più voluti ritornare per non rovinare il loro palmarès. Due nomi su tutti: A.J. Foyt e Tazio Nuvolari, mentre ci sono altri piloti che ci hanno tentato per una vita, spesso andando vicini al risultato ma senza mai riuscirci. Vic Elford, Brian Redman, Mario Andretti e Bob Wollek, appunto, un poker di piloti che hanno amato Le Mans profondamente e avevano indubbiamente le carte in regola per puntare alla vittoria, ma il destino non ha voluto così. La storia di Bob Wollek è diventata leggenda, il suo inseguimento a quel gradino più alto del podio una questione di vita, una ferita sempre aperta, mai rimarginata, fino all’ultimo giorno della sua esistenza. L’ostinazione per quel podio lo ha forse reso famoso più delle sue tante conquiste. Una specie di ossessione mai sanata.

Wollek è sempre velocissimo sui tredici chilometri della pista francese, ma in più di una occasione la Dea bendata gli volta le spalle. In altre occasioni, invece, sono alcune scelte tecniche discutibili a metterlo out. Nel 1978 mentre corre con la Porsche 936 rompe il pignone del cambio. A Zuffenhausen avevano deciso di alleggerirlo, tramite una modifica con quattro fori: il particolare così modificato viene montato su tutte le macchine ad eccezione di quella di Wollek, che di fori invece ne ha cinque. Il ritmo di gara è quello vincente, ma il “suo” pignone cede! Ancora una volta stop al sogno. Nel 1988 Peter Falk gli fa scegliere il motore da montare per la gara, ha tre cerini in mano, tre motori da montare su altrettante macchine. Due sono buoni, il terzo è quello di scorta che difficilmente reggerà per tutta la gara. Bob sceglie il cerino, ovviamente è quello del terzo motore. Nel 1994 la Porsche non c’è, Wolleck corre per la Toyota e chiede che venga alzata l’altezza della macchina che striscia per terra in alcune parti della pista. Nessuno lo ascolta, quando sono in testa con due giri di vantaggio si devono fermare a cambiare il fondo scocca. Di nuovo out!

Le Mans, giugno 1997, la Porsche ufficiale è al via con la 911Gt1, un vero prototipo mascherato da vettura GT. Bob ha 54 anni, da 30 sta ancora spettando il suo momento, tante volte è andato in testa, ha dominato, poi la sua macchina si è rotta. Ci ritenterà anche questa volta, ha la macchina migliore, non deve fallire! Al via scatta come una belva, ne sorpassa tre appena il semaforo diventa verde, altri due alla staccata del ponte Dunlop, alle Esse de la Foret scarta la 333SP di Theys, mangia in un sol boccone la TWR-Porsche di Alboreto alla Tertre Rouge. Sul rettifilo dell’Hunaudieres è primo, non è neanche passato un minuto di corsa, è al comando e sta già staccando tutto il gruppo. Solo, con 23 ore e 59 minuti davanti, ai box Porsche esultano. Norbert Singer, il progettista della GT1 questa volta è sicuro di farcela. Otto della domenica mattina, la buia notte è passata indenne, Wollek è sempre in testa, questo è il suo anno, se lo sente….eppure tutto succede in un attimo. Indianapolis due, piega sinistra di 90 gradi, accelerazione, tutto è ok, in fondo al breve rettilineo c’è Arnage, la curva a destra, novanta gradi di lenta una pura formalità da espletare. Via il gas, piede sul freno, giù le marce, ma un piccolo tac al posteriore lo mette in guardia… non può essere, anche questa volta! Mezzo giro di volante a destra, giù il gas, improvvisamente la GT1 scarta senza controllo, si intraversa a 80 all’ora, picchia secca nel rail, gara finita. Sogno finito! Bob Wollek è finito nel rail ad Arnage, macchina distrutta, urla lo speaker. Il box Porsche è ammutolito, tutti si scatenano contro l’alsaziano. Andava solo ad ottanta all’ora, un grave errore che è costato la gara alla Porsche!

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La sfortuna di Wollek, il pilota che non sa vincere a Le Mans! I titoli si sprecano. L’Alsaziano è massacrato. Una occasione del genere non si ripeterà mai più. Bob tace, ma sa che non è stata colpa sua, quel maledetto piccolo tac alla trasmissione, il differenziale, un’altra volta, un’altra sfortuna. La Porsche glissa, sa che Wollek non ha colpa ma non smentisce neanche. In fondo la stampa ha dato la colpa alla sua sfortuna, alla sua voglia di vincere ad ogni costo, il tempo forse rimetterà a posto le cose. L’ultima partecipazione è nel 2000 con la 911 GT3 del Dick Barbour Racing, con Dirk Muller e Lucas Luhr, senza vedere il traguardo ancora una volta.

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Sebring, sera del 16 marzo 2001, nel paddock si diffonde una triste notizia: Bob Wollek è scomparso! Alle 16,30 del pomeriggio di venerdì, dopo aver terminato le qualifiche con la Porsche 996 GT3 del team Petersen, il campione alsaziano è andato a fare un giro in bici tanto per tenersi in allenamento. Mentre percorreva la highway 98 è stato travolto da un camper guidato da John Rashley, un signore di ben 82 anni che non si è accorto della presenza del ciclista. Il pilota francese, dopo tante battaglie e scampati pericoli in pista, è stato tradito dall’altra sua grande passione, la bicicletta. Una cappa di tristezza cala sulla 49.ma edizione della gara in Florida. Wollek, 57 anni, uomo spigoloso dal carattere forte, ma tutti ne riconoscevano il grande valore.

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Poco prima di morire, aveva annunciato che si sarebbe ritirato presto dalle corse e avrebbe svolto un ruolo di ambasciatore per la Porsche, accordo che avrebbe dovuto firmare proprio al ritorno da Sebring. La Porsche 996 GT3-RS della Petersen Motorsports di Bob Wolleck/Johnny Mowlem/Michael Petersen, in segno di rispetto viene ritirata e il sabato della gara gli organizzatori vogliono un minuto di silenzio in memoria di Wollek.