Una monoposto di Formula 1 è il risultato di migliaia di ore di studio, di innumerevoli calcoli al computer, simulazioni e test, nonché di diverse sessioni in galleria del vento, necessarie per ottimizzare sino al più piccolo componente. In questo senso i sistemi frenanti non fanno eccezione e Brembo sottopone a durissimi e sofisticatissimi test e simulazioni tutti i componenti dei sistemi frenanti forniti alle scuderie di Formula 1.

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Nonostante tutti i calcoli e i test statici e dinamici, la storia delle corse è però ricca di eventi inaspettati che hanno generato un problema non previsto, indipendente dal team, che ha compromesso la buona riuscita di un gran premio. Ad esempio un componente che si stacca da un’altra monoposto, mentre in altri casi i guasti sono stati generati da fattori non legati alle altre auto in pista: dall’ un’invasione di un’animale oppure da un oggetto proveniente dalle tribune. Ne sa qualcosa Fernando Alonso, che al 33.mo giro del GP Bahrain ha dovuto parcheggiare la sua Alpine A521 nel bo per evitare guai peggiori. Tutta colpa della carta di un panino che si è incastrata nelle prese d’aria dei freni posteriori della vettura, generando un surriscaldamento che ha finito con il minare il funzionamento dell’impianto frenante. Che qualcosa non andasse per il verso giusto se ne sono accorti gli ingegneri ai box, attraverso la telemetria, richiamando il pilota ai box optando per il ritiro perché proseguire avrebbe rappresentato un azzardo. Peraltro un evento non nuovo per il pilota spagnolo, che nel GP di Spagna 2015 per una visiera a strappo infilatasi nella presa d’aria dei freni fu costretto al ritiro con la sua McLaren.

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E’ andata leggermente meglio al nostro Antonio Giovinazzi nel recente Gran Premio dell’Emilia Romagna. Per lo stesso motivo, al 40.mo giro il pilota pugliese è stato richiamato ai box dai tecnici Alfa Romeo. Fortunatamente dopo un rapido intervento di un meccanico Antonio ha potuto riprendere la pista, ma l’inattesa sosta ha vanificato la bella rimonta che dalla 17.ma casella in griglia l’aveva portato a lottare per l’ottava posizione ed i relativi punti.

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Questi interventi preventivi sono possibili grazie a molteplici sensori posizionati in svariati punti della monoposto, che rilevano centinaia di parametri fisici i cui valori sono trasmessi al box in tempo reale. Naturalmente i dati sono criptati in modo che ciascun team disponga solo dei propri e non anche di quelli della concorrenza. Grazie a questi sensori, i team conoscono in ogni istante la temperatura di dischi e pinze. Sulla base di questi dati, nel momento in cui vengono registrate anomalie, partono eventuali segnalazioni al pilota per la modifica del brake balance della  monoposto o della gestione dell’impianto, fino alla scelta “estrema” di far rientrare ai box la monoposto.

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Va da sé che il corretto funzionamento delle prese d’aria dei freni è indispensabile per rimanere nei parametri ideali di funzionamento dell’impianto frenante. Intorno ai corner ruota di Formula 1 abbiamo visto svilupparsi nel tempo delle brake duct in carbonio sempre più sofisticate, con prese d’aria, flap e deviatori di flusso progettati ad hoc e in grado non soltanto di raffreddare l’impianto frenante, ma di svolgere anche funzioni aerodinamiche. Questo perché, ripulendo l’aria dalle turbolenze che si generano con il moto rotante della gomma si può ridurre la resistenza all’avanzamento della monoposto o aumentarne il carico aerodinamico.

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In presenza dell’ostruzione di anche solo una delle prese d’aria, il disco e le pastiglie si troverebbero a lavorare costantemente a temperature superiori rispetto a quelle di funzionamento ottimale. Ne conseguirebbe un loro ossidamento e nell’arco di una manciata di intense frenate la temperatura del materiale d’attrito andrebbe ad impennarsi vorticosamente.

L’accidentale mancanza di adeguata ventilazione può mandare quindi in crisi prima il fluido freni e poi il materiale d’attrito, che oltre a consumarsi molto velocemente inizierebbe a bruciarsi erodendo parte del disco, mentre il fluido freni andrebbe in ebollizione generando il fenomeno del vapour lock. Se la monoposto continuasse a girare e il pilota quindi spingesse maggiormente sul pedale del freno, l’usura raggiungerebbe i fori di ventilazione fino a portare il disco al rischio di esplosione.

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Le pinze freno sono più stabili, perché l’alluminio con cui sono realizzate fonde a 700°C. Le pinze Brembo a 6 pistoni hanno una soglia di garanzia di 210°, inferiore alla temperatura minima di esercizio per i dischi, il cui range d’utilizzo è tra i 350° e i 1.000°. A differenza di dischi e pastiglie, che raggiungono temperature elevatissime anche nelle condizioni di impiego più esasperate, come sul circuito di Montreal il cui layout comporta tante staccate, tutte decise e molto ravvicinate, le pinze Brembo non superano mai i 200°.

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Sul circuito Gilles-Villeneuve così come sulle piste di Abu Dhabi, Città del Messico e Singapore diventa basilare il ruolo delle prese d’aria dei freni, perché la sequenza di staccate violente senza spazi adeguati, cioè lunghi rettilinei, per far rifiatare gli impianti frenanti richiede l’indirizzamento di grandi quantitativi al loro interno.

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Contrariamente, in tracciati come Silverstone, Suzuka o Interlagos c’è il rischio opposto, ossia il mancato raggiungimento della temperatura ideale di funzionamento dei freni, con conseguente rischio del fenomeno di vetrificazione (glazing) del materiale d’attrito. In simili condizioni i freni hanno bisogno di meno aria e le prese d’aria vengono “parzializzate” riducendo di fatto il flusso d’aria veicolato sui freni. Sulla carta queste scelte appaiono logiche ma il corner ruota di un’auto di Formula 1 include tanti elementi, ciascuno dei quali ha esigenze diverse dalle altre. Inoltre bisogna considerare l’incidenza sul funzionamento degli pneumatici, così come la temperatura di esercizio della power-unit e la resistenza all’avanzamento sui rettilinei.

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Insomma, un vero e proprio equilibrismo, a cui si aggiunge un’ulteriore variabile, il numero dei fori di ventilazione dei dischi freno: progettati attraverso il calcolo CFD (Computational Fluid Dynamics) sono il risultato di uno studio sinergico tra il produttore dei dischi e i costruttori delle monoposto.

Infatti, a seconda delle prese d’aria in uso in una stagione o modificate per un determinato gran premio, i team scelgono la versione di disco che reputano migliore. Per l’anteriore Brembo mette a disposizione le alternative Very High Cooling con 1480 fori, High Cooling da 1250 fori e Medium Cooling da 800 fori.

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Per ciascuna di queste opzioni i team possono inoltre scegliere la variante con lavorazione sul diametro esterno del disco, il cosiddetto groove, che crea una sezione divergente all’aria: con essa l’efficienza di raffreddamento del materiale risulta superiore. Al posteriore invece Brembo offre due opzioni di dischi, High Cooling con 1250 fori e Medium Cooling con 800 fori.