Di Eugenio Mosca

La Giulia, che quest’anno compie 60 anni, rappresenta un’autentica pietra miliare nella storia Alfa Romeo, per i grandi successi ottenuti sia a livello commerciale sia in ambito sportivo. Nei quindici anni in cui è rimasta in listino, dal 1962 al 1977, è stata prodotta in circa un milione di esemplari, di cui 572.646 nella versione berlina tre volumi, e con la versione Ti Super 1600 ha spopolato nelle competizioni fin dal 1963, anno del suo lancio, vincendo sia nelle gare su strada sia in pista. Vediamo com’è fatta la versione Gr. 2 della Giulia TI 1600, che abbiamo provato in pista a Monza.

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Giulia “rapina” 

Nel caso della Giulia possiamo parlare anche di fenomeno globale. Chi ha superato gli “anta” si ricorderà sicuramente dei tantissimi film anni Settanta tipo “Milano violenta” che vedevano per indiscussa protagonista l'Alfa Romeo Giulia, utilizzata sia dalle forze dell'ordine sia dai malviventi di turno. Un ruolo che la vettura del biscione si era ampiamente guadagnato sulle strade di “tutti i giorni” dove, in nome di prestazioni ampiamente superiori alla concorrenza, era diventata la macchina “ufficiale” sia di rapinatori e contrabbandieri sia dei loro “rivali”: Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza. Da una parte le famose “Gazzelle”, dall'altra le Giulia spesso modificate ad arte dai contrabbandieri sia per incrementare la potenza del motore sia con assetto irrigidito al posteriore per ovviare al peso del carico di “bionde”. E probabilmente, questa preferenza degli uni e degli altri spesso impegnati in “gare” (leggi inseguimenti, ndr.) con medie record sulle tortuose strade di montagna o nel traffico cittadino, in definitiva risultò il migliore spot pubblicitario per il modello in questione, trasformando schiere di appassionati e smanettoni, in Italia e all’estero, in adepti del marchio del Biscione. Tanto che ancora oggi nell’ambiente degli appassionati il modello viene identificato come “Giulia rapina”.

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Provare per credere

Chi scrive, peraltro, non può dichiararsi immune da tale fede, assimilata in tenera età quando, per pura passione, durante le pause scolastiche “prestava servizio”, in qualità di “pinela” (termine dialettale con cui veniva identificato il garzone), presso l’officina del paese frequentata dagli smanettoni locali, gran parte dei quali “alfamuniti”. Tra tutti, uno veniva unanimemente considerato “il” manico: era soprannominato “Apache” e, naturalmente, guidava solo Alfa, di cui era grande conoscitore, con una preferenza per la Giulia. E la sua era tenuta come una reliquia, sempre lustra fuori e immacolata dentro, ma soprattutto con il livello dell'olio controllato almeno due volte la settimana dal meccanico di fiducia, perché era risaputo che il brillante bialbero del Biscione, soprattutto quando gli veniva tirato il collo, chiedesse come “ricompensa” circa un kg di olio ogni 1000 km. Una sera d'estate convinsi “Apache” a portarmi a fare un giro con la sua Giulia e lui, che un po' ci marciava con la nomea che si era guadagnato, dopo aver infilato un po’ teatralmente i tipici guantini da guida aperti in pelle, e avermi obbligato (!) ad allacciare la cintura di sicurezza, mise in moto il quattro cilindri dei miracoli, ovviamente “sfiltrato” d'ordinanza per accentuare il sound in aspirazione e con la carburazione ottimizzata, invitandomi ad ammirare cosa fosse in grado di fare con quella macchina. Complice l'ora tarda, e quindi le strade sgombre, il buon “Apache” ci diede dentro davvero mostrandomi che con la Giulia faceva veramente quello che voleva. Infatti, devo ammettere che il campionario di numeri fu davvero niente male, tanto che se avessi avuto l'età ed i soldi necessari sarei andato di corsa anch'io a comprarmi una Giulia.

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Innovativa

La Giulia venne presentata il 27 giugno 1962 a Monza nella versione TI (acronimo di Turismo Internazionale). La nuova vettura, nata con il compito di sostituire la Giulietta, ne riprendeva lo schema meccanico di base introducendo però importanti innovazioni: il motore quattro cilindri, interamente in alluminio, con distribuzione bialbero in testa e carburatore doppio corpo verticale Solex 32, era stato incrementato nella cilindrata a 1.570 cc e presentava l’innovazione delle valvole di scarico raffreddate al sodio (granuli di sodio contenuti nella cavità delle valvole trasportavano il calore dal fungo verso lo stelo). Le sospensioni anteriori avevano uno schema palesemente sportivo, con quadrilateri sovrapposti, così come il retrotreno pur mantenendo la classica soluzione del ponte rigido, più conservatrice, fu ottimizzato spostando gli attacchi di molle e ammortizzatori sui bracci longitudinali ed evolvendo il disegno del braccio superiore di controllo dello scuotimento laterale, a cui era fissata anche la scatola differenziale in alluminio. Anche il cambio a cinque rapporti rappresentava per l’epoca una soluzione decisamente sportiva e all’avanguardia, pur se nella prima versione il comando era al volante, con la cloche offerta come optional. Innovativa anche la scocca, a deformazione differenziata con cellula dell’abitacolo rigida, e la linea della carrozzeria, apparentemente troppo squadrata ma eccezionale sotto il profilo della penetrazione, tanto da ispirare il famoso slogan “auto disegnata dal vento”. In effetti le linee della carrozzeria furono studiate nella galleria del vento e, grazie alle incavature laterali sulla linea di cintura e alla coda tronca, la Giulia poteva vantare un coefficiente di penetrazione bassissimo: 0,34 di CX che, unitamente alla potenza di 92 cv, le consentiva di raggiungere una velocità massima di 175 km/h. Nella prima versione i freni erano a tamburo sulle quattro ruote, quelli anteriori a tre ganasce, poi sostituiti da dischi e pinze Dunlop e, dal 1967, Ate.

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Nata per correre

L’anno successivo fu lanciata la versione TI Super, espressamente pensata per le corse e realizzata in 501 esemplari, il minimo necessario per l’omologazione in Gr. 2. Questa vantava una carrozzeria alleggerita tramite alcuni lamierati più sottili, cofani e portiere in alluminio, lunotto e finestrini posteriori in plexiglass, allestimento interno più spartano con strumentazione circolare, cerchi in lega di magnesio della Campagnolo con feritoie quadrangolari (gli stessi della Giulia TZ). Per il motore fu adottato quello della Giulia SS da 122 cv, con alimentazione a due carburatori Weber 45 DCOE14, valvole maggiorate, alberi a camme più sportivi, collettori di scarico singoli e, a richiesta, il radiatore olio. Oltre al cambio a cloche, a richiesta era disponibile anche il differenziale autobloccante, con diversi rapporti al ponte omologati. Esternamente la TI Super si riconosceva per i quadrifogli adesivi sulle fiancate e la mancanza dei due proiettori anteriori più piccoli, sostituiti da prese d’aria circolari protette con retina metallica. Nelle mani dei migliori preparatori dell’epoca il quattro cilindri milanese preparato in versione Gr. 2 arrivò ad erogare circa 155 cv. Una potenza considerevole per l’epoca, che unita alle qualità dinamiche portò la Giulia Ti Super 1600 Gr. 2 a raccogliere prestigiosi risultati sportivi, tanto da guadagnarsi lo slogan di “berlina che vince le corse”.

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Leggera e resistente

La vettura del nostro servizio è stata preparata in versione Gr. 2 partendo dalla scocca stradale di una Giulia TI del 1964, non dalla TI Super che data la rarità del modello avrebbe avuto costi proibitivi, anno che gli vale la possibilità di partecipare alle maggiori competizioni Turismo a livello internazionale per le quali l’anno limite di immatricolazione è il 1965. La vettura è stata completamente smontata e svuotata di ogni rivestimento, separando tutta la parte meccanica in modo tale da valutare gli elementi da ricondizionare o sostituire ed i particolari da lavorare per la preparazione racing. La scocca nuda è stata sabbiata, asportando gli strati di vernice e fondi, fino ad arrivare alla lamiera viva, così da valutare l’effettivo stato dei lamierati, che essendo in buone condizioni non hanno richiesto sostituzioni di pezzi. L’accoppiamento dei lamierati è stato ulteriormente fissato tramite cordoncini di saldatura intervallati, con particolare attenzione alle aree sottoposte a maggiore sollecitazione: fascioni laterali, tunnel centrale, passaruota e punti di attacco delle sospensioni, culla anteriore e area supporti motore.

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Il lavoro di irrigidimento di tutto l’insieme è completato dall’applicazione della gabbia di sicurezza, imbullonata sulle apposite piastre, precedentemente saldate alla scocca, in sei punti: in corrispondenza dei montanti anteriori e centrale e sui passaruota posteriori.

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La cura dimagrante, con l’eliminazione di tutti i particolari superflui per le corse e l’impianto elettrico realizzato ex novo e ridotto al minimo indispensabile, pur senza adottare porte e cofani in alluminio e mantenendo le superfici vetrate originali, ha fatto calare il peso a 930 kg, appena 10 in più del valore minimo fissato a 920 Kg in fiche. In pratica quelli che gravano sui cerchi realizzati in alluminio invece di quelli originali in magnesio, per ovvi motivi di sicurezza, pur avendo le stesse sembianze dei Campagnolo.

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Assetto regolabile

Le sospensioni mantengono schema e componenti di serie, così come l’ancoraggio dei bracci rimane con silent-block, di materiale più rigido.

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Gli ammortizzatori sono dei Koni racing, regolabili in estensione e compressione, con molle più rigide separate all’anteriore e coassiali al posteriore.

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L’impianto frenante, con pinza e servofreno di serie, monta i dischi freno anteriori da 286x11 mm e posteriori da 246x9.5, abbinati a pinze Dunlop a due pompanti e pastiglie freno racing. Per limitare l’effetto “pompa”, favorito dal servofreno, i tubetti flessibili che vanno alle pinze sono del tipo ad alta tenuta con treccia metallica esterna. Per mantenere la fedeltà con lo spirito delle gare storiche, GPS Classic ha scelto di mantenere sulla Giulia pneumatici Dunlop racing, da 5.00 x 15”, con battistrada di tipo stradale e spalla più alta invece degli semislick, con profilo della spalla più basso e rigido, ammessi dal regolamento.

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100 CV litro

La regolamentazione tecnica del Gr. 2 lascia al preparatore un buon margine di intervento anche sul motore, che al termine della “cura” arriva ad erogare 155 CV a 7200 giri/min, che significa circa 100 CV/litro.

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Un risultato di tutto rispetto, a conferma che il bialbero Alfa Romeo era e rimane un autentico gioiello della tecnica. Sulla parte alta del motore si è intervenuti con lavorazioni sulla testata che hanno riguardato sia le camere di scoppio sia i condotti, lucidati e raccordati per limitare le turbolenze e ottimizzare i flussi, l’adozione di valvole maggiorate e carburatori doppio corpo Weber da 45 mm, con asportazione della cassa filtro e adozione di cornetti di aspirazione, alberi a camme con profili ottimizzati e collettori singoli e impianto di scarico realizzato ad hoc.

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Nella parte bassa l’albero motore è stato alleggerito e bilanciato, così come volano e bielle, mentre i pistoni sono di tipo stampato e con profilo superiore modificato per ottenere un maggiore rapporto di compressione. Il raffreddamento è stato ottimizzato con l’aggiunta di un radiatore per il lubrificante.

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Rapporti multipli

Il cambio è rimasto quello originale, a 5 marce con sincronizzatori (in seguito abbiamo anche provato una versione con cambio a innesti frontali), anche come rapportatura, mentre la frizione ha un disco in materiale sinterizzato e spingidisco con carico maggiore.

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Il differenziale comprende un autobloccante meccanico a lamelle con regolazione del precarico, oltre alla possibilità di montare vari rapporti al ponte (tra cui 10/43; 10/41; 9/41; 9/43; 8/47) in funzione delle caratteristiche del tracciato sul quale si corre, per velocità massime che possono variare dai 184 Km/h fino ai 220 Km/h.

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Sulla pista di casa

Per la prova in pista siamo tornati proprio sull’Autodromo di Monza, dove ebbe ufficialmente inizio la storia di questo affascinante modello, con una Giulia TI 1600 Gr. 2  della GPS Classic per la gara Alfa Revival Cup. Il bello di quando ti metti al volante di una storica, a differenza di quanto capita con le moderne piene zeppe di tasti e pomelli per regolare le varie diavolerie elettroniche, è che una volta sistemata la posizione di guida, regolando il sedile mentre il volante è fisso, non c'è molto da imparare: l'avviamento, in questo caso girando la chiave dopo aver attivato lo staccabatteria, numero e posizione delle marce, e gli strumenti, con un occhio particolare  ai termometri olio e acqua, al manometro della pressione olio accompagnato da una bella spiona gialla sul cruscotto e, soprattutto, al contagiri.

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Perché qui non esiste limitatore, quindi per evitare danni è necessario avere sempre un occhio incollato allo strumento per sfruttare al meglio il motore senza andare oltre la “zona rossa” del fuorigiri.

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Ancora una volta, fin dai primi metri, il fantastico bialbero milanese non finisce di stupirmi: pronto nella risposta e corposo nella spinta, con un allungo rapido e costante. Perfettamente coadiuvato dal cambio rapido e preciso. Ma la Giulia si fa apprezzare anche telaisticamente.

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La frenata è bella potente e precisa. Accusa solo un po’ di effetto pompa, che con il passare dei giri fa allungare un poco il pedale, mentre va tenuto sotto controllo il posteriore che nelle staccate più violente può scomporsi leggermente per il trasferimento di carico.

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L'assetto subisce un po’ l'effetto elastico dei silent block: sulle prime la sterzata dà quella spiacevole sensazione di ritardo, ma una volta prese le misure basta giocare d'anticipo per ottenere un bell'inserimento e una buona percorrenza di curva, con il posteriore che tende a scivolare, anche perché abbiamo montato pneumatici Dunlop Racing con battistrada e spalla alta invece che slick, ma sempre piacevolmente e in modo facilmente controllabile, potendo anche contare sull’azione dell'autobloccante per avere una buona trazione.

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Insomma, goduria vera! A maggior ragione perché alla fine siamo saliti sul gradino più alto del podio di categoria. E quello di Monza ha il suo bel perché!

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SCHEDA TECNICA ALFA ROMEO GIULIA TI SUPER 1600 GR. 2 

Motore

Ciclo otto. 4 cilindri in linea, anteriore longitudinale. Distribuzione bialbero in testa, 2 valvole per cilindro. Alimentazione a carburatori, due doppio corpo Weber da 45 mm. Cilindrata 1.570 cc. Alesaggio x corsa 78,8 mm x 82 mm. Potenza max 155 cv a 7.000 giri/min. Coppia max 26 Nm a 7500 giri/min.

Trasmissione

Trazione posteriore. Cambio manuale a 5 rapporti + RM. Frizione ad azionamento meccanico, disco in materiale sinterizzato. Differenziale autobloccante meccanico con regolazione precarico e vari rapporti al ponte.  

Autotelaio

Scocca portante in acciaio rinforzata con gabbia di sicurezza imbullonata. Sospensioni anteriori a ruote indipendenti, ancoraggio bracci tramite silent block: anteriori a quadrilateri sovrapposti, ammortizzatori idraulici Koni regolabili in estensione e compressione, molle elicoidali separate, barra antirollio; posteriori a ponte rigido, ammortizzatori con molle elicoidali coassiali sui bracci longitudinali, braccio superiore di controllo scuotimento. Freni a disco sulle quattro ruote, anteriori da 286 x 11 mm, posteriori da 246mm x 9,5mm, accoppiati a pinze Dunlop-Ate a 2 pompanti. Pastiglie racing. Cerchi in lega di alluminio da 15''. Pneumatici Dunlop Racing: anteriori 5.00 15”; posteriori 5.00 15”.

Dimensioni e peso

Passo 2580 mm. Peso 930 kg. Capacità serbatoio (di sicurezza) 50 lt.

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