Dopo avere visto com’è fatta, in officina, abbiamo provato in pista, al Cremona Circuit, la replica fedele di una Porsche 904 realizzata da Autorlando-Sport e omologata FIA come “Orlandor904001 Replica”. Con la realizzazione di quella che lui stesso definisce il suo “primo amore”, il noto preparatore e pilota Orlando Redolfi diventa così anche Costruttore.


Di Eugenio Mosca – Foto di Massimo Campi

 

Colpo di fulmine

Da ragazzino, quando lavorava come apprendista presso il Centro Porsche Bergamo, Orlando Redolfi ebbe la grande opportunità di essere inviato per uno stage presso la fabbrica di Stoccarda. Poi, le capacità mostrate nell’apprendimento insieme alla evidente grande passione per la meccanica fecero breccia nei “rigidi” cuori teutonici, così il giovane bergamasco ebbe modo di entrare anche nel reparto corse di Weissach e quello che doveva essere un breve stage di aggiornamento si rivelò una esperienza determinante per il suo futuro, maturata in un arco temporale di un paio di anni suddivisi in vari periodi. Proprio in quegli anni presso Weissach stavano sviluppando la Porsche 904, un’automobile decisamente particolare e versatile con cui Porsche stava preparando il proprio rientro nelle corse, in varie specialità. Quella fu la prima automobile speciale con la quale il giovane Orlando Redolfi ebbe a che fare, una sorta di primo “libro” sul quale ebbe modo di studiare e apprendere i rudimenti della tecnica da corsa, restando letteralmente colpito da quella piccola GT. Su quel tipo di vettura Redolfi si trovò ad operare anche successivamente, nel periodo in cui lavorò per lo specialista bresciano di Porsche, Ennio Bonomelli. Poi “Orlando”, com’è universalmente conosciuto nell’ambiente del motorsport, ha sviluppato la propria struttura a Pedrengo divenendo, oltre che un Centro Autorizzato Porsche, uno dei più apprezzati preparatori delle vetture di Stoccarda, tanto che con il suo team ha corso nel tricolore GT anche l’attuale team manager Mercedes F. 1 Toto Wolf, oltre che valido pilota nelle diverse specialità: pista, rally e salite.


Al cuore non si comanda!

Alcuni anni fa un collezionista belga rivelò al tecnico bergamasco di possedere una 904 con il telaio danneggiato, che avrebbe potuto mettere a disposizione come campione per la realizzazione di una replica fedele, insieme ad altre parti e gli stampi per la carrozzeria. Un progetto impegnativo, ma al cuore non si comanda. Detto fatto: “Orlando” non se lo fece ripetere due volte, recuperò tutto il materiale disponibile e lo portò nella sua officina di Pedrengo. Nel frattempo, si attivò per trovare disegni, fotografie e quanto più materiale informativo per la ricostruzione fedele della vettura, oltre a richiedere la collaborazione del Commissario Tecnico Nazionale Giovanni Busotti per verificare la correttezza dei lavori e preparare la documentazione tecnica da inviare alla FIA per ottenere il certificato HTP, necessario per iscrivere la vettura alle competizioni di autostoriche nella classe GTP. E’ stato un lavoro impegnativo, partito nel 2018 e terminato all’inizio dell’anno scorso, che ha richiesto tempo per eseguire correttamente tutti i lavori, ma il risultato è mozzafiato.

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La Porsche 904 di Bergamo

Nell’ambito delle competizioni per autostoriche non sono una novità la realizzazione, fedele all’originale, di repliche di importanti vetture per non mettere a rischio nelle corse l’elevato valore, sia economico sia storico, cioè telaio e carrozzeria oltre alle parti meccaniche originali, di autentici pezzi rari se non unici. L’automobile di questo servizio va oltre, perché oltre ad essere una replica fedele della Porsche 904, tranne per il motore come spieghiamo più avanti, viene riconosciuta come una realtà a sé ottenendo l’omologazione FIA, come “Orlandor904001 Replica”, necessaria per partecipare a competizioni per autostoriche. Così Orlando Redolfi chiude anche il cerchio diventando, dopo preparatore e pilota, anche costruttore. Infatti, dopo la sorta di shakedown effettuata dallo stesso Orlando Redolfi al Bergamo Historic Gran Prix, la Porsche 904 made in Pedrengo ha debuttato ufficialmente in gara in una grande classica delle salite, la Trento-Bondone, disputando successivamente la Modena 100 Ore Classic, che prevede gare in circuito alternate da tratti di cronoscalate. In pratica, quanto di meglio per mettere in risalto il DNA eclettico della Porsche 904.

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La polivalente

Cominciamo, infatti, con il ripercorrere la storia della Porsche 904. Conseguentemente all’abbandono della F. 1, al termine della stagione 1962, la dirigenza Porsche decise di tornare ad impegnarsi nelle corse nella categoria Gran Turismo, per la quale la regolamentazione tecnica richiedeva la costruzione di un minimo di 100 esemplari di un modello per ottenere l’omologazione. I tecnici di Stoccarda pensarono ad una vettura che potesse succedere alla 718, una delle più polivalenti della storia, capace di vincere in pista e su strada. La Porsche 904, conosciuta anche come Carrera GTS, infatti ereditò dalla 718 RSK il propulsore Typ 547, un quattro cilindri di 1.996 cc, montato centralmente, che nella sua ultima evoluzione erogava oltre 190 CV. Per la prima volta nella storia Porsche, per la 904 i tecnici optarono per un telaio portante in acciaio, accoppiato ad una carrozzeria in vetroresina, anch’essa una novità assoluta per la Casa, con lo stesso materiale che si integrava al telaio nella zona della vasca centrale per irrigidire il tutto. Soluzioni che permisero di limitare il peso della vettura completa a 655 kg, ottenendo così un eccezionale rapporto peso-potenza che garantiva un’accelerazione 0-100 km/h in meno di 6 secondi e una velocità massima di 260 km/h. Un risultato dovuto anche all’eccezionale disegno delle linee, curato direttamente da “Butzi” Porsche, figlio di Ferry e nipote del fondatore Ferdinand Porsche, che valse alla 904 un coefficiente di penetrazione di appena 0,34, davvero notevole per l’epoca. Il primo esemplare venne pronto nel 1963 ma l’omologazione arrivò un anno dopo. Da lì in avanti, negli otto anni di attività sportiva, fu una sequela di successi, praticamente in tutte le tipologie di gare: dalla Targa Florio alla 1000 Km di Monza, dalle salite ai rally (Spagna). Questo eccezionale palmarés, unitamente al fatto che di 904 ne furono costruite solo 106, diverse delle quali andate distrutte nelle competizioni, fanno si che questa affascinante vettura rappresenti il sogno di ogni appassionato, raggiungendo quotazioni a sei zeri.

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Più rigidità e sicurezza

Riprese quote e spessori delle lamiere dal telaio originale danneggiato, i tecnici della Preparazioni Orlando Redolfi hanno realizzato il disegno dello stesso calcolando i carichi nei diversi punti. Il telaio in origine è composto da due longheroni scatolati laterali sagomati, collegati tra loro da traverse e da una centina anteriore e due al posteriore all’interno delle quali è posizionato longitudinalmente il cambio.

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Ma per poter essere omologato e correre attualmente, la struttura originaria doveva essere adeguata in termini di sicurezza. Perciò è stata applicata una gabbia di sicurezza, con i tubi realizzati dalla OMP con materiale e spessori definiti in base all’Allegato J, e forniti già piegati in misura per essere assemblati e saldati alle piastre precedentemente realizzate sul telaio.

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Una volta stabilito il disegno definitivo, il telaio completo è stato realizzato dallo specialista bresciano Giulio Biagi. In questo modo la struttura è decisamente più rigida, oltre che sicura. Durante la realizzazione ci si è accorti che anche la traversa sulla quale è fissata la pedaliera tendeva a flettere sotto sforzo, perciò è stata adeguatamente rinforzata. Quindi, prima di procedere all’accoppiamento con la vetroresina, sul telaio sono state montate le sospensioni complete e le ruote per verificare sul piano di riscontro la correttezza delle quote e degli allineamenti.

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Accoppiamento perfetto

Nel frattempo, lo specialista di lavori in vetroresina e compositi Roberto Bonini si è occupato della realizzazione della carrozzeria e delle vasche interne, abitacolo e vano anteriore, utilizzando un tessuto di fibra di vetro classico.

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Per questo lavoro Bonini ha potuto utilizzare solo in parte gli stampi forniti dal collezionista belga: con qualche aggiustamento, è stato utilizzato quello per la parte anteriore e centrale, mentre per la parte posteriore è stato necessario realizzare ex novo lo stampo perché troppo danneggiato. Questo per garantire la necessaria precisione di accoppiamento di una parte così voluminosa come la carrozzeria posteriore in pezzo unico aperto. Un lavoro molto accurato, perché per non appesantire eccessivamente il pezzo, che deve essere spesso rimosso e riposizionato per intervenire sulla meccanica posteriore, non si doveva eccedere con i fogli di fibra ma al tempo stesso rinforzare con nervature e tessuto aggiuntivo parti strutturali e punti di attacco, così da garantire la necessaria tenuta strutturale e dei punti di fissaggio oltre che delle forme e degli accoppiamenti.

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Inoltre, per migliorare il raffreddamento, soprattutto in funzione di gare o eventi su strada che prevedono tratti a velocità limitate, sono state ampliate le “orecchie” delle prese d’aria laterali, così come avveniva all’epoca in occasione di gare con situazioni particolari.

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Infine, Bonini è intervenuto per accoppiare la vasca in vetroresina che riveste l’abitacolo con il telaio in acciaio, sia nella parte laterale dei longheroni sia integrandola con una parte dei tubi della gabbia di sicurezza. Un sistema che venne utilizzato non di raro negli anni ‘60 e ‘70 per irrigidire le strutture dei telai tubolari.

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Livrea ufficiale

Quindi la vettura completa del suo “vestito” è stata portata presso la Carrozzeria di Ivan Chinelli, a Urgnano (BG), per la preparazione e verniciatura nei classici colori bianco e blu del Team Autorlando Sport, prima di fare ritorno al quartier generale di Pedrengo per l’assemblaggio finale. Dopo avere nuovamente verificato quote e allineamento sul piano di riscontro, i tecnici della Preparazioni Orlando hanno iniziato l’assemblaggio finale della vettura completa: oltre a tutta la parte meccanica e relativi circuiti, è stato realizzato l’impianto elettrico secondo le specifiche originali e montata la strumentazione, finestrini in policarbonato e guarnizioni, gruppi ottici e relativi gusci aerodinamici anteriori, serrature e dispositivi di chiusura e bloccaggio portiere e cofani, per finire con sedile e volante. La posizione di guida (molto importante dati gli spazi ristretti) era già stata provata al momento della realizzazione del telaio, e tutti i dispositivi di sicurezza.

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Assetto preciso

Sempre grazie ad amici collezionisti, Redolfi ha potuto avere i componenti originali delle sospensioni da riprodurre. I montanti posteriori sono stati riprodotti in fusione di lega leggera, mentre i fuselli anteriori sono stati ricavati dal pieno di acciaio, così come i mozzi ruota. Le parti interne ai montanti, cuscinetti e flange, derivano dal modello 2.0 del 1963. I bracci delle sospensioni sono stati realizzati con apposito tubolare di acciaio ad alta resistenza e, per garantire maggiore precisione di guida e regolazioni, per l’ancoraggio invece dei silent-block sono stati montati gli uniball.

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Gli ammortizzatori sono dei Koni racing regolabili in estensione e compressione ma con taratura unica fissa, come all’epoca (non ci sono valvole), accoppiati a molle elicoidali del diametro di 60 mm e barre stabilizzatrici sia all’anteriore che al posteriore. L’impianto frenante monta dischi e pinze del modello 2.7 SC del 1973, mentre quelle anteriori sono del modello 3.0 SC del 1980. Anche la pompa freno è del modello 2.7 SC 1973, con circuito sdoppiato tra asse posteriore e anteriore, sul quale è stato aggiunto un regolatore di frenata per limitare il rischio di bloccaggio.

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Motore più fruibile

Per il motore è stato scelto il sei cilindri del modello 2.0 S del 1965, decisamente più economico e fruibile dato che la vettura è indirizzata ai gentleman driver. Infatti, con una leggera preparazione questo propulsore arriva ad erogare 195 CV a 7.200 giri/min, con un buon utilizzo grazie ai 34 Kgm di coppia già disponibili a partire dai 4.200 giri/min.

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Per ottimizzare il raffreddamento del lubrificante è stato aggiunto un radiatore laterale posteriore, ampliando allo stesso tempo il convogliatore dell’aria. La fruibilità di guida è garantita anche dal cambio, con la scatola esterna della 904 e meccanica interna della 914 2.0, a cinque rapporti con sincronizzatori, frizione monodisco e differenziale autobloccante a frizioni.

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Musica maestro!

Dopo averla potuta scrutare fin nei minimi dettagli in officina, ecco il momento di metterci al volante della Porsche 904 by Orlando. Il circuito è quello di Cremona, che lungo i suoi 3 km concentra il mix ideale per saggiare una macchina da corsa, perché abbina un tratto misto, con curve di vario raggio, ad un rettilineo dove poter lanciare la vettura e provare la bontà della frenata nella staccata successiva.

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Scavalcando il brancardo sinistro mi calo, letteralmente, nell’abitacolo. Dato che il sedile è fisso aggiustiamo la posizione di guida con gli immancabili appositi cuscini dietro la schiena, in modo tale da ottenere la giusta distanza con i pedali e il volante. E mentre lo stesso Orlando mi lega le cinture a sei punti, ho modo di apprezzare cosa significhi sentirsi “tutt’uno con la vettura”: la seduta è sprofondata in basso ma nonostante non sia proprio un vatusso con il casco, quasi, tocco la traversa laterale superiore della gabbia di sicurezza.

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L’abitacolo è piuttosto angusto, ma una volta fatta l’abitudine l’abitabilità è buona, così come la visibilità frontale e laterale, oltre che sul quadro strumenti, mentre non è il massimo quella sugli specchietti retrovisori laterali, posti lontano sui parafanghi anteriori. La vettura è rimasta nella stessa configurazione con la quale ha terminato la Modena 100 Ore Classic, tranne che per i rapporti al cambio accorciati per affrontare una manifestazione su un tracciato corto (Varano), che si riveleranno effettivamente corti per il Cremona Circuit.

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Ascoltate le poche informazioni necessarie da parte di Orlando Redolfi, questo è il bello delle auto storiche da corsa prive di tutte le diavolerie elettroniche di quelle moderne, giriamo la chiave e l’abitacolo è pervaso dal rombo del sei cilindri Porsche. Altro che stereo surround! Nonostante per affrontare la gara modenese siano stato montato un silenziatore finale più potente. La partenza è agevole, grazie alla frizione perfettamente modulabile, e fin dai primi metri il 6 cilindri 2.0 litri si fa apprezzare per la fruibilità, confermando l’ottima scelta di questa tipologia di propulsore: pronto al tocco dell’acceleratore, fin dai 3.500 giri, con una spinta decisa e un’accelerazione brillante nell’allungo salendo rapidamente di giri fino ai 7.200 oltre ai quali, precauzionalmente, non andiamo. Un limite che in quinta marcia raggiungiamo già prima della metà del rettilineo, dovendo poi parzializzare l’acceleratore per non andare fuori giri.

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Peccato, perché ci sarebbe piaciuto vedere fin dove si sarebbe spinta in velocità di punta la “Porschina”. Un limite che tuttavia non ci ha impedito di mettere alla prova la frenata nella staccata in fondo al rettilineo, superata a pieni voti come da tradizione Porsche, con potenza e precisione, agevolata anche dalla leggerezza della vettura. Le curve successive ci hanno consentito di apprezzare l’inserimento, bello preciso, con lo sterzo che pur essendo piuttosto “fisico” da manovrare, data la mancanza di servoassistenza, trasmette esattamente al pilota quello che stanno facendo le ruote anteriori sull’asfalto.

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Sulle curve medie, invece, disturba un po’ il leggero scompenso che si percepisce al posteriore nel momento di approccio alla curva, probabilmente causato da quella sorta di compromesso di assetto adottato per affrontare le prove su strada della gara emiliana (la Modena 100 Ore alterna gare in pista a tratti cronometrati in salita, ndr.) che crea una sorta di sbilanciamento tra anteriore e posteriore, per scomparire poi nella fase di percorrenza delle curve, anche più veloci, quando la macchina va in appoggio. Quindi, in definitiva, la Porsche 904 by Orlando ci ha fatto nuovamente apprezzare la guida “old style” delle GT da corsa regalandoci grande divertimento, oltre a mettere in risalto le doti di agilità tipiche di questo modello, non per nulla soprannominato “la bicicletta”.

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