Abbiamo provato la Porsche 550 Spyder “replica” che interpreta, nel film “Ferrari” di Michael Mann, il ruolo della vettura pilotata da Umberto Maglioli nella Mille Miglia del 1957.

Di Eugenio Mosca – Foto di Massimo Campi

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Le difficoltà del Drake

A metà dicembre è arrivato nelle sale cinematografiche italiane il film “Ferrari” girato da Michael Mann. L’opera, girata in varie parti d’Italia, è ambientata nell’estate del 1957, quando il Drake stava vivendo un periodo particolarmente difficile sia sotto il profilo professionale che personale: l’azienda di Maranello stava attraversando una profonda crisi, così come il matrimonio messo a dura prova sia dalla morte un anno prima dell’amato figlio “Dino” sia dalla presenza di un altro figlio, Piero, nato da una relazione extra coniugale. Ferrari puntò molto sulla Mille Miglia di quell’anno per tornare sulla cresta dell’onda. E la produzione non ha badato a spese sia in termini umani, mettendo insieme un cast stellare (Adam Driver/Enzo Ferrari; Penèlope Cruz/Laura Ferrari; Shailane Woodley/Lina Lardi; Patrick Dempsey/Piero Taruffi; Jack O’Connel/Peter Collins; Gabriel Leone/”Fon” De Portago; Sarah Gadon/Linda Christian), sia come mezzi e logistica, recuperando diverse automobili come quelle in gara all’epoca e facendo realizzare numerose repliche delle vetture più blasonate.

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Fino alla riasfaltatura completa della pista di Morano Po dove girare le riprese di buona parte delle scene in azione (nella foto sotto la “nostra” Porsche sul set allestito nel circuito piemontese).

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L’ultima Mille Miglia

Mille Miglia 1957. L’ultima. Tristemente passata alla storia come quella del drammatico incidente di Guidizzolo, dove Alfonso de Portago in seguito allo scoppio di un pneumatico perse il controllo della sua Ferrari 335 S, lanciata su un lungo rettilineo ad oltre 250 km/h, finendo tra il pubblico ai bordi della strada. Nel tragico schianto, che di fatto decretò la parola fine sulle affascinanti quanto pericolose corse su strada, oltre al nobile spagnolo e al suo copilota Edmund Nelson, perirono altre nove persone. Ma quella del 1957 fu anche una delle edizioni più avvincenti della “Corsa più bella del mondo”, animata dalla lotta senza tregua tra i piloti dello squadrone Ferrari e le Maserati, con le quali era in corso una accesa sfida anche in pista. Alla fine trionfarono proprio le vetture del Cavallino, occupando i primi tre posti in classifica: due 315 Sport pilotate rispettivamente da Piero Taruffi e  Wolgang von Trips, seguite da una 250 GT LWB di Gendebien, staccate tra loro solo da una manciata di minuti dopo oltre 10 ore di gara. Ai piedi del podio l’unica Maserati di Scarlatti, seguita dalla “piccola” Porsche 550 RS di Umberto Maglioli che vinse la propria classe. Una delle “gioie terribili” del Drake, che a fronte dello schiacciante successo si ritrovò travolto dalle polemiche seguenti al tragico incidente avuto da De Portago con una delle sue vetture.

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“Controfigura”

Tra le vetture “ingaggiate” come “controfigure” delle protagoniste di quella Mille Miglia c’è anche la replica della Porsche 550 Spyder di questo servizio. Adeguatamente “truccata” dalla produzione, con l’immancabile patina di sporco con cui le vetture giungevano sul traguardo al termine di una gara così lunga e con il numero 349 (quello di gara di Maglioli, definito in base all’ora di partenza dalla pedana di Brescia: 3.49 appunto) dipinto, come avveniva all’epoca, su portiere e cofani, la 550 Spyder Replica ha interpretato il ruolo della Porsche 550 RS di Umberto Maglioli in diverse scene.

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L’originale: “Giant Killer”

Al Salone di Parigi 1953 viene presentato il prototipo della Porsche 550 Spyder, vettura pensata per le competizioni su strada allora molto in auge. Il telaio a “scala”, composto da due grandi tubi inferiori longitudinali uniti da un traliccio di tubi trasversali, è coperto da una carrozzeria in alluminio particolarmente filante, studiata nella galleria del vento dell’Università di Stoccarda.

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Il motore (Typ 547), progettato da Ernst Fuhrmann e montato in posizione centrale-posteriore, è un quattro cilindri boxer di 1.498 cc (85x66 mm) raffreddato ad aria, tramite una ventola a doppia entrata posizionata sopra lo stesso, con quattro alberi a camme in testa, 2 carburatori Solex doppio corpo 40PJJ e un complesso sistema di distribuzione. Questa complessa opera di ingegneria, dopo un intenso sviluppo raggiunse, sulle vetture ufficiali, la soglia dei 135 CV a 7.000 giri/min, che grazie al peso contenuto (590 kg) e alla penetrazione aerodinamica consentivano alla barchetta tedesca di raggiungere velocità nell’ordine di 220 km/h, con un’accelerazione 0-100 km/h in meno di 10”. A rendere ancora più micidiale le 550 Spyder da corsa contribuivano le doti di grande maneggevolezza, ottenute grazie al peso ridotto e alla sua ottimale distribuzione dei pesi. Peraltro, non contenti, i tecnici tedeschi avevano ulteriormente alleggerito il telaio rasentando però una certa fragilità, tanto che il telaio fu pressurizzato e dotato di un manometro per avvisare i piloti dell’insorgere di eventuali pericolose anomalie (“cricche”). Nel novembre 1954, a seguito delle tante richieste, fu avviata la produzione di vetture per i clienti sportivi denominate “550S”, seguite da una piccola serie di vetture stradali denominate “550A”.

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In totale furono costruiti 90 esemplari, di cui solo 15 in versione corsa. Con queste molti piloti, da celebrati professionisti a gentleman Driver, ottennero numerosi successi, tanto che la 550 si guadagnò l’appellativo di “Giant Killer”.  Ma accanto alla gioia per i tanti successi la “carriera” della Spyder è accompagnata anche da una fama sinistra, alimentata da diversi gravi incidenti di cui furono vittime diversi gentleman driver, tra cui quello tristemente più famoso che causò la prematura morte di James Dean, il 30 settembre 1955, mentre si recava ad una corsa al volante della sua 550 Spyder #130.

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La Replica: Argento vivo

La Spyder 550 Replica, realizzata da uno specialista californiano a fine anni ‘60, è stata acquistata alcuni anni fa dall’attuale proprietario, l’organizzatore del Bergamo Historic Gran Prix Simone Tacconi, che l’ha sottoposta ad un restauro completo.

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La vettura, infatti, dopo l’importazione dalla California si trovava nella fase iniziale di restauro, poi abbandonato dal precedente proprietario per altri impegni. Quindi è stata completamente smontata separando la carrozzeria, nuova in vetroresina ancora grezza, e la meccanica dal telaio, in modo tale da poter verificare tutti i particolari e procedere alle varie lavorazioni. Il telaio composto, come nella vettura originale, da due tubi longitudinali posti ai lati nella parte bassa e collegati tra loro da tubi e traverse, è stato sabbiato, verificato nella sua integrità e riverniciato di colore nero.

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Sulla carrozzeria sono stati praticati i fori di alloggiamento delle gemme di direzione anteriori e dei fanalini posteriori, così come quelli di fissaggio delle cerniere di portiere e cofani; quindi, dopo avere verificato il corretto accoppiamento e movimento le superfici sono state preparate e verniciate con il classico “Silver Metallic” (codice 5406) fatto realizzare a campione.

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Anche i cerchi in lamiera sono stati sabbiati e verniciati di colore argento. Nel frattempo, la meccanica è stata completamente revisionata, quindi nella fase di assemblaggio è stato realizzato ex novo l’impianto elettrico. 

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Tuffo nel passato

La 550 Spyder replica l’avevo già vista in azione durante il Bergamo Historic Gran Prix 2022 e, date le sembianze e l’intuibile agilità, aveva suscitato la mia curiosità, tanto da strappare a Simone Tacconi, organizzatore dell’evento bergamasco e proprietario della vettura, la promessa di un “assaggio” della stessa. Essendo poi venuto a conoscenza della sua “interpretazione” cinematografica, ovviamente, la curiosità era aumentata; perciò, avevo spinto per “incassare” la promessa. E vedendola arrivare, con lo “sporco da corsa” e il numero dipinto sulla carrozzeria è stato come un tuffo nel passato.

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Per calarci ancora di più nell’atmosfera abbiamo cercato un percorso che potesse assomigliare ad una tipica strada della Mille Miglia, movimentata quel tanto che basta per mettere alla prova la nostra spyder e, naturalmente, poco trafficata. “Saltati” in abitacolo, scavalcando la portiera in stile “Sport”, ci si trova seduti rasoterra, affondati nella vettura ma con visuale ottima, sia frontale attraverso il piccolo parabrezza che protegge bene, sia laterale.

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La posizione di guida è decisamente sportiva, con il sedilino abbastanza contenitivo soprattutto nella parte bassa, le gambe allungate a raggiungere la pedaliera mentre il volante si protende verso di noi, così com’è a portata di mano la leva del cambio. Girata la chiave d’accensione l’abitacolo si riempie del sound del quattro cilindri Volkswagen 1600, le cui note vengono acuite dallo scarico sportivo ad ogni colpo d’acceleratore. Grazie al peso della vettura contenuto, il millesei si fa apprezzare per fluidità mostrando anche un discreto brio, soprattutto se tenuto “allegro”.

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In questo ci si può aiutare anche con il cambio, dopo avere trovato il necessario feeling data una certa rudezza nella manovrabilità del leveraggio. Ci è piaciuta decisamente di più la precisione dello sterzo, che trasmette perfettamente quello che stanno facendo le ruote anteriori e, in generale, la vettura, che si è confermata agile nei cambi di direzione e precisa nell’inserimento in curva e nella percorrenza, con l’unico neo di un assetto un po’ troppo rigido per assorbire a dovere le asperità del fondo stradale.

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Una taratura da rivedere per potersi godere appieno una macchina così divertente, così come la corsa troppo lunga del pedale del freno, che tuttavia assicura una frenata adeguata e precisa una volta “in appoggio”. Insomma, sarà stato il sound, che risuona come fosse in stereofonia nei passaggi tra gli alberi, la posizione di guida sportiva con l’aria che ti accarezza e, non ultimo, il caschetto a “scodella” come all’epoca, ma ad un certo punto ci siamo sentiti proiettati nel passato e, ovviamente con il dovuto rispetto, un po’ Maglioli.

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Umberto maglioli: Re della Targa Florio

Umberto Maglioli nasce a Bioglio, nel biellese, il 5 giugno 1928. Abbandonati gli studi di ingegneria, nel 1947 disputa la sua prima gara con una vettura autocostruita: una Fiat Topolino A ricarrozzata da lui stesso sulla quale aveva trapiantato un motore da moto BMW, soprannominata “Berenice”. L’avventura si chiude con un ritiro. Nello stesso anno conosce Giovanni Bracco, di cui diventa copilota conquistando prima un 4° posto e quindi, nel 1951, una clamorosa piazza d’onore alla Mille Miglia alle spalle di Taruffi. Appresi i segreti della guida veloce su strada, Maglioli passa al volante, vincendo nel 1952 il Campionato Italiano Turismo oltre 1500 e conquistando un ottimo 4° posto alla Carrera Panamericana con una Lancia Aurelia D20 compressore. L’anno successivo il pilota piemontese si conferma grande stradista conquistando, su Lancia D20, la prima delle sue tre vittorie alla targa Florio; quindi, passa alla Ferrari 375 MM con la quale vince, in coppia con Hawtorn, la 12h di Pescara, tre tappe della Carrera Panamericana stabilendo il record sull’ultima frazione e la gara sul circuito di Guadalupe. Sempre nel 1953 debutta in F. 1, con la Ferrari 553 “squalo”, nel GP d’Italia giungendo 8°.

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In F. 1, sempre con le monoposto del Cavallino, ottiene altri due podi, con i terzi posti nel GP d’Italia 1954 e di Argentina nel 1955. Tanti, invece, i successi con le vetture Sport, in pista e su strada: 1000 km di Buenos Aires, 12 Ore di Sebring e Carrera Panamericana con la Ferrari, con cui (118LM) ottiene anche un 3° posto alla Mille Miglia 1955, poi passa alla Porsche e con la 550 RS vince la 1000 km del Nurburgring e la sua seconda Targa Florio. L’ultima vittoria sulle Madonie arriva nel 1968 al volante della 907 in coppia con un altro grande stradista, Vic Elford. La Targa Florio segnerà, però, anche la sua ultima gara, nel 1970, terminata con il ritiro per uscita di strada con l’Alfa Romeo 33/3. Con 3 vittorie su 19 partecipazioni, Maglioli è con Nino Vaccarella e Olivier Gendebien uno dei tre re della “Targa”. Il pilota piemontese è scomparso il 7 febbraio 1999.