Folgorato sulla via… della Foresta Nera. Si potrebbe sintetizzare così l’ispirazione per una “passeggiata” di oltre 10.mila chilometri con una macchina del 1929! Ma ce lo spiega meglio Gianni Morandi, colui che ha trasformato in realtà quella che poteva sembrare un’idea un po’ pazzerella.
Di Eugenio Mosca – Foto di Sevian Daupi
Che idea!
“L’anno scorso, tornando da Berlino dove avevo accompagnato mia figlia per studiare il tedesco – racconta il collezionista e driver toscano -, il navigatore mi dirottò verso le strade secondarie della Foresta Nera. Così, mentre armeggiavo per ritrovare la rotta, mi imbattei in un cartello che invitava a recarsi in moto a Capo Nord. La mia “traduzione” fu istantanea: io ci vado con la OM!” Che non è come dire, perché per quanto di bell’aspetto e brillante quando è in moto, stiamo comunque parlando di una “signora” che ha quasi un secolo nelle… bielle.
Auto di… famiglia
La vettura in questione, infatti, è una OM 665 Spider MM Superba del 1929, ritrovata nel garage di un albergo di Milano nel 1959, completa ma in stato di abbandono, successivamente venduta ad un’asta e acquistata nel 2016 da Morandi. Anche in questo caso guidata da una spinta emotiva ben precisa: “la prima edizione della 1000 Miglia, nel 1927, fu vinta dall’equipaggio Minoia-Morandi, che era collaudatore della OM, perciò il sogno mio e di mio padre – prosegue il collezionista toscano - era quello di avere una OM a rappresentare la famiglia. Perciò quando la vidi me ne innamorai subito e l’acquistai senza pensarci due volte con l’obbiettivo di disputarci la 1000 Miglia. Infatti, dopo averla sottoposta ad un restauro conservativo disputai la 1000 Miglia 2017 portandola a termine. In effetti, sento di avere un feeling particolare con questa vettura ed anche se richiede qualche attenzione particolare, come per l’acceleratore a “chiodo” in posizione centrale, si lascia guidare in scioltezza. D’altronde la devo trattare con i guanti, perché ufficialmente proprietà di mia figlia”.
Restauro conservativo
La OM Superba 665 Spider MM del 1929 ha un telaio a doppi longheroni con carrozzeria, esclusiva e realizzata da Mario Casaro, applicata sopra, sospensioni a balestra con ammortizzatori idraulici a leva e quattro freni a tamburo.
È spinta da un 6 cilindri in linea di 2.0 litri raffreddato a termociclo, per esigenze di traffico sono state aggiunte due ventoline elettriche da utilizzare all’occorrenza, abbinato ad un cambio a quattro rapporti non sincronizzati, la trazione è trasmessa al posteriore tramite un albero di trasmissione e differenziale. Il tutto per una velocità massima di 120 km7h e un’andatura media di 80-90 km/h, con consumi medi di 8 km/litro.
La vettura è stata sottoposta a restauro conservativo: la Carrozzeria Gatti di Bergamo si è occupata del recupero della carrozzeria mantenendo la vernice originale del bel colore verde, così come sono state lucidate le pedane, mentre i parafanghi anteriori e posteriori sono stati verniciati. Anche la quasi totalità della meccanica è stata rigenerata, mentre ad una settimana dalla partenza un rumore anomalo del motore ha suggerito una “visita” approfondita presso lo specialista bresciano Storicar, che in effetti ha trovato una bronzina fuori posto. Quindi si è optato per una revisione completa, con rettifica albero motore e sostituzione bielle e pistoni.
Sfida nella sfida
Ma c’era un altro particolare che ha stimolato una ulteriore sfida. “Al momento del ritrovamento la OM calzava delle Pirelli Stella Bianca – spiega Morandi -, perciò mi sembrava scontato voler mantenere questo tipo di pneumatico prodotto oggi da Pirelli nella linea Collezione e come ulteriore sfida ho chiesto alla casa milanese se fosse possibile coprire l’intera distanza del viaggio Poggibonsi-Milano-Capo Nord… e ritorno, per un totale di circa 10.170 km, con lo stesso treno di pneumatici”. A questo punto gli elementi per il raid, compresa la data di arrivo al traguardo intermedio di Capo Nord fissata per il 2 agosto, la stessa data della… folgorazione, c’erano tutti.
Compagni di viaggio
Abbiamo accompagnato Gianni Morandi, affiancato dal fido Marco Morosinotto compagno di tante gare, nella seconda tappa del viaggio, dal quartier generale Pirelli di Milano fino a Vaduz, in Liechtenstein, circa 260 km lungo un percorso quanto mai vario: dalle trafficate stradine della Brianza al veloce tratto del lungolago di Como fino agli innumerevoli tornanti, in salita e quindi in discesa verso la Svizzera, del Passo dello Spluga.
E poi ancora un tratto di strada scorrevole per arrivare alla capitale del principato.
Tappa che la OM ha percorso con un ritmo sempre brillante così com’è proseguito il resto del raid, tanto che la sera del 29 luglio, cioè con quattro giorni di anticipo sulla tabella di marcia, tramite un whatsApp Gianni Morandi ci inviava una foto più che eloquente, sotto il classico mappamondo con in braccio il fido Gianni.
L’esperienza insegna che occorre tagliare il traguardo finale per considerare terminata una sfida, tuttavia anche se è presto per poter gridare “missione compiuta” possiamo certamente dire che, mentre stiamo scrivendo queste note, i “nostri” sono a buon punto.
Pirelli Collezione; la storia siamo noi
Nel 1927 i tecnici Pirelli davano vita a un nuovo battistrada: lo Stella Bianca, che diventerà anche un vero e proprio marchio di qualità, un pneumatico a tele incrociate talmente innovativo, per caratteristiche e prestazioni, da accompagnare lo sviluppo automobilistico dagli albori degli anni ‘20 fino all’evoluzione tecnica di metà secolo con le vetture sportive e da competizione. Stella Bianca diventa anche un vero e proprio marchio che identifica pneumatici di qualità superiore. Non a caso la prima vittoria nel Mondiale Formula 1 fu firmata da “Nino” Farina al volante della Alfa Romeo 158 calzata proprio con pneumatici Pirelli Stella Bianca.
Il pneumatico fa oggi parte della gamma Pirelli Collezione, la linea di pneumatici che equipaggia le auto più iconiche costruite fra il 1930 e il 2000. Pirelli Collezione, a tutela del patrimonio storico, punta a realizzare pneumatici che rispettano l’originalità nell’aspetto e dinamica di guida ma con tecnologie e processi di produzione moderni che garantiscono una maggiore efficienza e sicurezza. La gamma Collezione è ricca di nomi leggendari: oltre a Stella Bianca e Stelvio, i più recenti Cinturato P7 (1974), P5 (1977), P Zero (1984) e P700-Z (1988). La collaborazione sinergica con le migliori case automobilistiche, inoltre, esalta le performance originali delle auto classiche. “Questi sono prodotti che hanno gettato le basi per lo sviluppo degli pneumatici moderni – spiega Emanuele Vanzetti di Pirelli -, mentre con lo Stella Bianca si tratta di un ritorno alle origini, un’operazione anche più complessa perché nel frattempo i macchinari sono cambiati moltissimo perciò abbiamo dovuto riscoprire come si costruivano all’epoca. Siamo orgogliosi di avere una gamma prodotti che tutela l’integrità storica di una vettura d’epoca, peraltro con un catalogo che può coprire un arco di tempo che va dagli anni ‘30 agli anni ‘90, con oltre 50 misure differenti, necessarie a coprire le esigenze soprattutto degli ultimi trent’anni, dove sono proliferate le variabili di dimensionamento. Inoltre va sottolineato che, come avviene per gli pneumatici moderni, collaboriamo con diverse case automobilistiche che testano pneumatici vintage da noi sviluppati e li omologano con marcature specifiche, che garantiscono il cliente”.
Ad oggi non abbiamo, invece, una gamma vintage racing. Abbiamo una gamma prodotto valida per i rally storici, con i P7 Corsa Classic, mentre per le altre tipologie di gare è molto più complicato anche in funzione dei vari regolamenti”.
L’archivio di Fondazione Pirelli, che conserva disegni e progetti degli pneumatici storici, vanta un patrimonio di circa 4 km lineari di materiali sulla storia di Pirelli, dal 1872 a oggi.
P ZERO E – Sguardo al futuro
Ora facciamo un salto di quasi un secolo di evoluzione degli pneumatici. Detto della Stella Bianca, che abbiamo visto all’opera sulla OM Superba, Pirelli ci ha fatto conoscere, questa volta direttamente perché equipaggiavano la BMW i7 con cui abbiamo coperto la tratta Milano-Vaduz e ritorno, gli pneumatici di ultima generazione sviluppati per le auto elettriche. Un test decisamente probante, perché l’ammiraglia elettrica dell’Elica con le sue dimensioni giunoniche e stazza da peso massimo, con i suoi 2.595 kg, abbinati a prestazioni da sportiva, 400 kW (544 CV) con 745 Nm di coppia per uno scatto 0-100 in 4,7 secondi, non è certo tenera con gli pneumatici. Peraltro, su un percorso pressoché completo: con tratti veloci e misto-veloci fino alle innumerevoli curve e tornanti del Passo Spluga, in salita e in discesa da Chiavenna a Splugen, per un totale di 30.2 km lungo i quali sono concentrati ben 72 tornanti.
Al termine degli oltre 500 km di tragitto, lungo i quali non ci siamo fatti mancare nulla neppure la pioggia, dove dire che i nostri P ZERO E ci hanno sempre assistito in modo egregio: silenziosi nei tratti veloci autostradali, in perfetta sintonia con l’auto elettrica, stabili nella percorrenza di curve veloci e medie, così come in frenata anche in discesa, e reattivi nei cambi di direzione. Insomma, promossi!