Questione di cuore
KAA Racing riflette in pieno le due grandi passioni del suo fondatore, Alessandro Trentini: vintage e racing. Trentini, 57.enne imprenditore di successo, è stato rapito in giovane età dalla passione per le auto d’epoca, dedicandosi in particolare alla ricerca di Fiat 600 fuoriserie, di cui oggi possiede una collezione tra le più importanti ed esclusive, trovando poi nelle corse per autostoriche il connubio ideale per coniugare queste due anime.
Il pilota di Lainate corre da anni, soprattutto, nell’ambito delle salite storiche, dove ha raccolto diversi titoli nazionali e una Medaglia di Bronzo del CONI per meriti sportivi, cimentandosi praticamente con ogni tipo di vettura: dalle piccole Turismo a quelle più prestazionali, passando per le Gran Turismo fino a monoposto e Sport Prototipi. Negli anni, naturalmente, ha proseguito anche a collezionare vetture, di varie epoche e tipologie, e creato una rete di specialisti in grado di intervenire con cognizione nelle lavorazioni necessarie ad ogni tipo di restauro, dalle vetture Anteguerra alle youngtimer, stradali e da corsa, facendo crescere una propria struttura.
KAA Racing è il risultato di questo lungo cammino. Oggi l’atelier di Lainate, oltre alla compravendita di auto d’epoca, può fornire un servizio completo per il restauro di auto e moto, grazie a un team di tecnici in grado di svolgere tutte le operazioni necessarie: documentazione storica, valutazione del tipo di restauro da eseguire, totale, parziale o conservativo anche in funzione della volontà del cliente, quindi smontaggio, lavorazione lamierati, sverniciatura, ripristino parte telaistica, revisione meccanica, verniciatura, tappezzeria, assemblaggio, per finire alla documentazione necessaria per la messa in strada.
La parte racing si occupa invece dell’allestimento di vetture da competizione: realizzazione di scocche rinforzate, applicazione di roll bar, montaggio assetti, preparazione motori e parti meccaniche, prove al banco, fino al collaudo e sviluppo in pista finalizzato alle tipologie di gare che si vogliono disputare. KAA Racing si è strutturata anche per il noleggio di automobili da corsa proprie oppure per la gestione delle vetture di clienti, fino all’assistenza e al trasporto sui campi gara.
Ma partiamo dall’inizio: com’è nata questa passione?
“Dobbiamo partire da abbastanza lontano: oltre una trentina di anni fa. Avevo 19 anni, con una passione che mi portavo dentro da tempo delle Fiat 600. La più classica auto anni ‘60”.
Come mai proprio questo modello in particolare?
“Era la macchina che possedeva mio padre, perciò mi è rimasta nel cuore. É stata la prima macchina di famiglia, come del resto per tanti italiani, poi andata distrutta in un incidente. Da lì è partita questa passione per le auto storiche. Nel frattempo io avevo un gruppo di amici che si divertivano con le A112, che all’epoca erano moderne, e con loro avevo cominciato a fare qualcosa di agonistico, come navigatore”.
Ma il cuore pulsava più per le auto da corsa o stradali?
“Era una passione a 360 gradi. Innanzitutto quella per la 600 si è trasformò dopo qualche anno in attrazione per le 600 fuoriserie. Ho scoperto questo mondo incredibile, di macchine che fino agli anni ‘60 venivano allestite da carrozzieri su telai Fiat 600 o 750. Per circa nove anni ho girato in lungo e in largo l’Italia alla ricerca di queste macchine particolari, sparse in ogni dove. Peraltro, la maggior parte erano pezzi unici. Mi viene in mente una quattro porte Caprera presentata al Salone di Torino negli anni ‘60 ancora con porte in alluminio, venduta a una famiglia di Torino poi trasferitasi a Trieste, dove noi l’abbiamo ritrovata, grazie ad una segnalazione, abbandonata in mezzo a un campo. All’epoca, a metà anni ‘80, c’era un’attività molto intensa di ricerca, perché non si trattava delle classiche 600. Mi ricordo che in quel periodo qualche amico collezionista già navigato, mi prendeva un po’ in giro chiedendomi perché andassi in giro a raccogliere questi ruderi. Io però ho proseguito in questa attività recuperando queste fuoriserie 600 in tutta Italia, da Trieste ad Agrigento”.
Quante per l’esattezza?
“Circa una trentina, di cui la metà completamente restaurate mentre altrettanto sono ancora da recuperare. E tutte anche con una appassionante storia umana legata a loro. Ricordo, ad esempio, una Scioneri con kit di trasformazione Abarth, che mi ha lasciato un vecchietto di Milano. Per lui il valore economico non era un problema, mentre era importante il valore affettivo, cioè che questa macchina potesse avere una continuità, perciò cercava un collezionista di 600 che si sarebbe preso questo impegno. Entrammo in contatto tramite un tappezziere di Milano e solo dopo avermi conosciuto mi propose questa vettura. Nel frattempo lui era stato ricoverato in una casa di riposo a Rezzato e il patto sanciva che io sarei entrato in possesso della vettura ad un prezzo agevolato ma con un vincolo ben preciso: che una volta all’anno sarei andato a prenderlo presso la casa di cura e lo avrei portato a fare un giro del lago a bordo della “sua” vettura, compreso il pranzo. Purtroppo l’inverno successivo questo signore è mancato, ma il figlio ha tenuto fede a questo patto. Quando andammo a prendere la 600 presso il garage della casa di riposo, dove il vecchietto l‘aveva portata e ogni giorno la spolverava, la metteva in moto e poi la rimetteva a riposare rigorosamente sotto due teli, ricordo ancora lo sguardo di tutti gli altri ospiti della casa di riposo quando partimmo con la macchina sul carrello, quasi a volerla salutare per l’ultima volta. Perciò diventava molto coinvolgente anche il fatto di apprendere anche le storie personali legate alle varie macchine. Perchè ci sono state famiglie che hanno tenuto per 50 anni una vettura e quando decidono di cederla lo fanno non solo al fine speculativo. In quegli anni abbiamo fatto un’attività intensa di restauro. Con l’aiuto di amici che lavoravano in carrozzerie e officine, avevamo creato una struttura, all’epoca nel box di casa mia, dove ci occupavamo di tutte le lavorazioni e la preparazione prima di portarle in carrozzeria per la verniciatura. Ciascuno di noi metteva a disposizione il tempo libero, la sera e nei fine settimana, perciò riuscivamo a completare una macchina ogni anno e mezzo circa. Poi c’erano dei tappezzieri che lavoravano per noi. Insomma, avevamo creato un indotto di persone in grado di realizzare un restauro completo. Che collaboravano. Una parte importante dell’attività consisteva nella ricerca, perché era necessario risalire alla storia della vettura e a come era fatta in tutta la sua particolarità per essere riportata esattamente in quelle condizioni. Dai tessuti alla carrozzeria. Anche perché, nella maggior parte dei casi, non c’era una biografia. Il Carrozziere si alzava alla mattina e… creava”.
Ma almeno c’era la possibilità di attingere dai ricordi di questi Carrozzieri?
“Alcuni di loro avevano tenuto una documentazione fotografica, quindi siamo andati a spulciare degli archivi, ma molti altri avevano chiuso perciò a livello di documentazione era rimasto davvero molto poco, quindi dovevamo fare il meglio con quello che c’era. Ad esempio ricordo un telaio della 600 con numerazione bassa (4.500), uno dei primi se non addirittura una preserie, sulla quale era stata carrozzata una coupè Viotti. In quel caso, facendo una ricerca anche attraverso gli eredi Viotti abbiamo trovato un depliant con le colorazioni che la Carrozzeria dava come standard nel suo catalogo. Tinte che si associavano a dei pacchetti di sigarette, all’epoca molto in voga. Abbiamo trovato una cartolina con gli abbinamenti di tutti i colori, ai quali ci siamo attenuti”.
Perciò ti sei costruito un notevole bagaglio culturale, oltre che un archivio molto importante sul modello e su tutte le derivazioni?
“Beh, mi sento di dire che ad oggi i due principali collezionisti di queste 600 fuoriserie siamo io e un amico di Sondrio, per il quale peraltro abbiamo eseguito il restaurato di quattro macchine”.
Poi però sei passato anche ad altri modelli, vero?
“Si. Il mio limite è che non sono legato ad un solo modello e neppure ad un solo marchio: mi piacciono le auto storiche da inizio 900 fino alle supercar moderne. Tra le auto della collezione mi piace ricordare una Amilcar da gran premio del 1926 che utilizzo in qualche raduno con grande soddisfazione, oppure il prototipo Dallara triposto con numero di telaio 01.
Non ho un settore specifico. Dico purtroppo, perché se questo da una parte mi dà la possibilità di spaziare su vari modelli e varie epoche, per contro non riesco a trattenermi. Perciò nel corso degli anni sono arrivate macchine anteguerra più o meno famose con relativi restauri, poi siamo passati alle Porsche, partendo dalla 3.0 SC Targa per arrivare a 911 RSR e 934, fino alle monoposto e Sport. E come se non bastasse, all’inizio degli anni ‘90 si è sviluppata anche la passione per l’agonismo”.
Qual è stata la molla?
“Un amico, più grande di me di una quindicina di anni, aveva una concessionaria Peugeot e correva, così come un gruppetto di ragazzi che bazzicavano la sua officina e correvano con le Peugeot e le A112. Perciò entrai nel gruppo e iniziai a fare qualche gara con una A 112, prima come navigatore e poi come pilota. Poi però seguì un periodo di lavoro intenso, di circa una quindicina di anni, in cui dovetti tralasciare l’impegno diretto agonistico proseguendo tuttavia quello collezionistico e restauro. Finché all’inizio degli anni 2000 galeotto fu un fine settimana a Volterra, dove manco a farlo apposto si disputava la Coppa Saline di Volterra, una delle prime rievocazioni storiche. A quel punto ho scoperto un mondo che abbinava il collezionismo con l’agonismo. Il Campionato Italiano Autostoriche in salita era diventato qualcosa di importante e le auto che mi piacevano negli anni 70-80, nel frattempo, erano diventate protagoniste di queste gare. Perciò mi sono lanciato”.
Nelle salite, mentre mi pare di capire che non c’è mai stata un’attrazione particolare per la pista, c’è qualche motivo in particolare?
“No. Semplicemente la molla è scattata, casualmente, in occasione di questo evento. Poi mi sono iscritto ai piloti senesi, un gruppo molto attivo in salita. Ma era una scelta dettata anche dalla disponibilità di tempo. A quei tempi correre in salita era ancora un’attività che si poteva svolgere a livello hobbistico. Sono partito dal Turismo di serie, per passare poi alla Turismo Competizione, sempre con le 128. Erano gli anni d’oro della classe TC 1300, che si poteva considerare una categoria al top, con 15-20 partecipanti ad ogni gara. Peraltro da lì sono partiti molti specialisti delle salite che poi sono saliti ai vertici: mi viene in mente Gigi Bormolini, poi passato alle Sport. Poi come al solito l’appetito vien mangiando e la ricerca della performance era dietro l’angolo. All’inizio era partito proprio come abbinamento della passione collezionistica con quella agonistica, poi non basta mai, perciò sono passato alla Beta Montecarlo, alle Porsche fino alle formula e Sport”.
Perciò non c’è stata una macchina in particolare che hai sentito tua?
“E’ stato un po’ un susseguirsi di sfide: trazione anteriore, poi diventata particolarmente impegnativa con le 128 Turismo Competizione per via degli autobloccanti tarati all’estremo, poi sono arrivate le A112, dei Gruppi Speciali e quattro condotti, e via via tutte le altre, come detto. La cosa che mi motiva principalmente è quella di non essere legato ad una sola macchina, come molti amici che corrono in salita da 30 anni con la stessa macchina con la quale sono diventati una sorta di professionisti. Io purtroppo o per fortuna, ogni anno cambio macchina, perché mi piace provare macchine diverse, il gusto della sfida, capire come funziona. Ho avuto anche la fortuna di poterlo fare, con macchine mie oppure che gestivamo. Sono consapevole che non è la soluzione ideale per raggiungere obbiettivi importanti, ma io corro per divertimenti, non ho l’assillo di trofei o campionati, che ho già vinto in cinque occasioni ottenendo anche una medaglia di bronzo del CONI per meriti sportivi, perciò mi sento appagato sotto quel punto di vista. Infatti oggi corro più per sfidare me stesso. Diciamo che una ventina di anni fa si correva con uno spirito diverso: tornando alle 128, si andava con una macchina piccola a sfidare anche posizioni alte della classifica. E molti si stupivano della performance che poteva avere quella macchina se condotte bene. Infatti ora stiamo preparando una 128 Sport Coupè con motore iniezione, con cui vorrei tornare a fare qualche gara in salita. Anche se a dire il vero, il cuore l’ho lasciato sulle macchine aperte, monoposto e Sport”.
Ce n’è una in particolare che vorresti provare?
“Certamente. Penso ad una F. 3000 con motore Cosworth o Zytek, una cosa estrema che mi piacerebbe provare nelle salite. Peraltro siamo stati tra i primi a portare in salita macchine particolari come la F. Italia nel 2015, quando è stato indetto il 5° Raggruppamento per le monoposto in salita, anno in cui abbiamo vinto l’assoluto di Raggruppamento. E poi con la F. 3 Dallara; quando mi vide Caffi alla Malegno-Borno mi chiese come mai l’avessi portata in salita, che sulla carta non era il suo habitat naturale, poi quando ha visto i risultati si è dovuto ricredere. Certamente erano macchine nate per un altro tipo di gare, ma siamo riusciti a portarle in salita raccogliendo soddisfazioni”.
E magari qualche puntata in altre specialità?
“Mi piacerebbe fare qualche rally, ma non ho il tempo sufficiente per la preparazione di queste gare. Siamo invece andati a fare qualche gara del Trofeo Neve e Ghiaccio, prima con una Uno e poi con una Subaru, così come abbiamo acquistato un kart cross, un mezzo molto divertente con il quale vorrei fare qualche gara. Abbiamo partecipato anche a qualche gara in pista, ma dopo alcuni giri lo trovo ripetitivo, mentre correre in salita è particolarmente adrenalinalinico, perché sei tu, la montagna, il burrone… Insomma, mi appaga”.
Per mettere a frutto l’esperienza maturata negli anni sia con le corse sia nell’ambito dei restauri e renderla disponibile alla clientela di appassionati è stata creata KAA Racing, com’è strutturata?
“A fine 2018 abbiamo aperto questa nuova officina a Lainate, creata ad hoc per seguire queste attività. Indubbiamente la pandemia ha un po’ congelato l’attività, che però è sempre proseguita e quest’anno è ripartita alla grande, sia per quanto riguarda il racing sia per i restauri. Quindi possiamo dire che KAA Racing è in grado di operare a 360 gradi, ma ci tengo a sottolineare che non siamo tuttologi. Per il settore racing c’è una persona dedicata, che ha sempre lavorato in questo ambito: qui oltre alla preparazione e restauro di vetture nostre e di clienti, siamo strutturati per il noleggio di un ampio range di vetture, dalle più facili ed economiche come Peugeot 205 Rally 1.3 o Fiat Ritmo alle più impegnative come Porsche.
Oppure possiamo occuparci della gestione della vettura del cliente, che può lasciare da noi, concordando manutenzione e interventi, fino al trasporto della stessa sui campi gara dove forniamo anche l’assistenza. Peraltro, l’anno prossimo oltre alle vetture storiche, per le quali la fascia di clientela ha una fascia d’età piuttosto alta, abbiamo in progetto di avvicinarci anche un po’ al mondo delle moderne, offrendo macchine più fruibili come le Mini Cooper o Fiat 500 Abarth. Ci interessa anche il settore delle gare di Regolarità, per le quali possiamo offrire automobili molto interessanti e affascinanti, così come stiamo pensando a fare qualche puntata anche in pista. Insomma, noi siamo cresciuti e sviluppati nelle gare in salita, dove ormai ci conoscono, ma non ci precludiamo altri settori, non a caso durante la stagione invernale abbiamo disputato il Trofeo Neve e Ghiaccio, così come ci interessa il tuning.
Per il settore restauri abbiamo acquisito molte conoscenze e organizzato una rete di specialisti fondamentali per poter dare risposte corrette in base alle esigenze e svolgere lavori particolari. Infatti abbiamo una persona dedicata che segue il restauro delle automobili degli anni ‘50 e ‘60 e, fortunatamente, un’altra persona che all’occorrenza segue le anteguerra. Il restauro di queste macchine non è per nulla semplice, perché nella maggior parte dei casi non si trovano pezzi di ricambio che quindi vanno ricostruiti, perciò è un’attività molto professionale per la quale è determinante conoscere anche la tecnica e la tipologia di alcuni materiali che venivano utilizzati all’epoca e specialisti artigiani in grado di realizzare particolari in modo corretto. Purtroppo sono auto meno richieste dai collezionisti, perché ci sono sempre meno persone capaci di usarle, mentre a me piace ancora molto guidarle su strada”.