Trent'anni fa, esattamente alle 16.00 di domenica 23 giugno 1991, mentre Johnny Herbert stava percorrendo il Mulsanne Straight al volante della Mazda 787B ricevette via radio dalla sua squadra, Mazdaspeed l’emanazione sportiva della Casa giapponese, la comunicazione tanto attesa: avevano vinto la 24 Ore di Le Mans, la corsa endurance più famosa al mondo! Una vittoria storica, perché fino ad allora nessun’altra macchina spinta da un motore rotativo aveva vinto la gara, e quindi di enorme impatto mediatico a livello globale.
Ma purtroppo il bravo pilota inglese non potè godersi a fondo quel successo, perché invece di poter salire sul podio per festeggiare con gli altri due piloti dell’equipaggio, Volker Weidler e Bertrand Gachot, fu estratto dalla macchina e portato al centro medico del circuito quasi privo di sensi. “Ero esausto e disidratato – ricorda Herbert -. Fu solo grazie all'adrenalina che riuscii a raggiungere il traguardo”. Infatti il pilota inglese non era in perfetta forma, perché durante il fine settimana non era riuscito a dormire bene, in più gli venne chiesto un sacrificio straordinario.
A tre ore dalla fine, la Mazda #55 occupava la seconda posizione, ma improvvisamente la Mercedes-Benz che si trovava al comando della gara fu costretta al ritiro per un problema di surriscaldamento del motore. A quel punto la 787B di Herbert-Weidler-Gachot si trovò in testa alla corsa, con l’incredibile prospettiva della storica vittoria. Perciò, con quel grande traguardo così vicino, il capo del team Mazdaspeed Takayoshi Ohashi non era disposto a rischiare un possibile imprevisto durante il pit stop con cambio pilota e dopo essersi consultato con i consulenti del team, tra cui c’era l’esperto Jacky Ickx, contattò Herbert che si trovava al volante chiedendogli di prolungare il suo stint fino al termine della gara. In Mazda, per delicatezza non lo dicono, ma siamo propensi a credere che Ohashi abbia anche voluto giocarsi quell’imprevisto “jolly” con il pilota migliore del gruppo. Fatto sta che anche Herbert fu d’accordo con quella decisione e, seppur allo stremo delle forze, strinse i denti tagliando il traguardo esausto e gravemente disidratato.
Il successo della 787B raccoglieva i frutti di un decennio di lavoro, ma probabilmente quella storica vittoria partiva da ben più lontano. Nel 1967 nasce Mazdaspeed, come un team automobilistico indipendente lanciato da uno dei più grandi concessionari Mazda di Tokyo: Mazda Auto Tokyo. Gestito dall'instancabile Takayoshi Ohashi, il team partecipa per la prima volta alla 24 Ore di Le Mans 1974, dopo la quale tornerà altre 13 volte nel corso dei successivi 18 anni. Nel 1983 Mazdaspeed diventa una consociata di Mazda Motor Corporation e alla fine degli anni '80 Takaharu Kobayakawa, program manager della Mazda RX-7 e responsabile dell’attività sportiva della casa giapponese, programmò insieme a Ohashi l’attacco alla 24 Ore di Le Mans alla quale Mazda, così come tutti i Costruttori giapponesi, teneva in modo particolare.
Peraltro non c’era tempo da perdere, perché il nuovo regolamento tecnico che sarebbe stato introdotto l’anno successivo vietava l’utilizzo del motore rotativo che equipaggiava la 787B. Perciò, ora o mai più: quello sarebbe stato l’ultimo colpo che poteva “sparare” quel tipo di vettura su cui Mazda aveva investito molto. A favore della causa, il bravo Ohashi era riuscito ad ottenere un bonus dalla FISA (Federazione Internazionale Sport Automobilistici in carica all’epoca) in base al quale la 787B avrebbe potuto correre nella sua configurazione standard (con peso di 830 kg), mentre le altre vetture avrebbero dovuto caricare una zavorra aggiuntiva di 170 kg. Inoltre, per rafforzare la squadra Ohashi aveva reclutato in qualità di consulenti diverse figure di spicco nell’ambito internazionale delle corse, tra cui il sei volte vincitore di Le Mans Jacky Ickx, perciò pur se Mazdaspeed restava una realtà più contenuta rispetto ai mega team Mercedes e Jaguar che avrebbe dovuto sfidare, poteva vantare un grande potenziale a livello di esperienza. Un altro punto di forza veniva considerato l’equipaggio “riunito” sulla vettura #55, con tre piloti che potevano vantare esperienza di F. 1: innanzitutto il fortissimo Johnny Herbert, seppur reduce dal grave incidente che gli aveva martoriato le gambe, insieme a Volker Weidler e Bertrand Gachot.
Così come del resto avevano lavorato duramente i tecnici per sviluppare il motore rotativo. In questo senso va segnalato che un’altra figura importante nel successo Mazda alla 24 Ore di Le Mans 1991 è Pierre Dieudonnè, che nella stessa edizione era al volante della 787B #56 che terminò ottava. Il belga, che dieci anni prima aveva vinto la 24 Ore di Spa con una RX-7, veniva tenuto in grande considerazione dai tecnici Mazda, perciò quando nel 1989 disse che servivano 100 Cv in più al motore rotativo per diventare vincente, nonostante l’iniziale sbalordimento, tutti si rimboccarono le maniche e rinunciarono pure alle ferie lavorando anzi ogni ora possibile pur di raggiungere l’obbiettivo, grazie a ben ottanta modifiche apportate sul motore R26B dal quale al termine della “cura” riuscirono a spremere 700 CV a 9.000 giri/min.
In tal senso Herbert (che ha potuto salire sul podio di Le Mans nel 2011 in occasione del 20.mo anniversario) ricorda che “il motore rotativo è stato assolutamente fantastico. Liscio come la seta, con un “urlo” penetrante, soprattutto quando si transitava sul rettifilo e rimbombava tra le strutture delle tribune e dei box, e con una affidabilità a prova di bomba. Anche la 787B era ben costruita, con un abitacolo confortevole e più facile da guidare rispetto a una F. 1, perché aveva meno deportanza e quindi reazioni meno aggressive, mentre – dice ridendo – il cambio era il più lento del mondo, ma era stato progettato per durare”.
La Mazda 787B si basa sulla 757 del 1986, la cui base era stata disegnata da Nigel Stroud e successivamente sviluppata dal gruppo di progettazione Mazdaspeed che aveva apportato tutta una serie di modifiche per adeguarla al regolamento del Gruppo C e consentire il passaggio dal propulsore RE a 3 rotori a un RE a 4 rotori. Il telaio è composto dalla classica monoscocca in pannelli di alluminio con la conformazione di due longheroni laterali e vasca centrale, con struttura deformabile anteriore, mentre la carrozzeria è realizzata in materiale composito. Il gruppo motore cambio è alloggiato nella parte posteriore in senso longitudinale, ma poiché il RE è composto da una struttura a sandwich con alloggiamenti del rotore collegati consecutivamente la sua rigidità torsionale è limitata, perciò per ridurre al minimo le sollecitazioni sul propulsore questo è supportato da un controtelaio tubolare. Mazdaspeed non aveva sviluppato una trasmissione specifica per il propulsore RE, perciò dalla serie 757 in poi è stata adottata la meccanica del gruppo trasmissione Porsche 956/962 a cinque rapporti, con la scatola ribaltata, sulla quale erano fissate le sospensioni posteriori, per adattarsi all’uscita più alta dell’albero motore. Al termine della propria evoluzione, nel 1991, l’unità RE a quattro rotori denominata R26B era dotata di un sistema di aspirazione variabile, nuovi iniettori posizionati più in basso, sistema di accensione a tre candele per cilindro con gestione elettronica CDI Hitachi e una bobina Mitsubushi Electric che amplificava la scintilla in ciascun cilindro, scarico lungo il lato destro del motore con terminale dotato di silenziatore.
Come detto il successo del 1991 parte da lontano ed è frutto di una evoluzione portata avanti negli anni con la convinzione della bontà della soluzione a motore rotativo. Tanto che le prime Mazda spinte da questa tipologia di motore parteciparono alla 24 Ore di Le Mans fin dal 1970, prima montato su una Chevron B16 appositamente modificata e negli anni successivi con prototipi Mazda MC73, MC74 e 254 basato sulla Mazda Savanna RX-7.
La prima automobile Mazda specificamente progettata per le corse è stata la Mazda 717C del 1983 con motore rotativo 13B. Tre di queste vetture furono iscritte a Le Mans in quell’anno e due di loro portarono a termine la gara conquistando il primo e secondo posto della classe Junior Gruppo C, nel suo anno inaugurale, e facendo registrare il maggior risparmio di carburante in assoluto durante la gara con 3,2 km/l. L’anno successivo a Le Mans furono schierate quattro vetture con motore rotativo Mazda, nella nuova categoria C2 che sostituiva la C Juinior: due 727C del team Mazdaspeed e due Lola T616 Mazda della squadra americana B.F. Goodrich. Tutte le vetture completarono con successo le 24 ore, con la Lola T616 che conquistò il decimo posto assoluto vincendo la classe C2.
A Le Mans 1986, Mazda passò alla categoria IMSA-GTP, che consentiva un'auto più leggera ma con la stessa quantità di carburante della classe C1. Le due Mazda 757 soffrirono dei problemi tecnici, segnalando tuttavia un miglioramento generale che fu confermato l’anno successivo quando la 757 evoluta ottenne il miglior risultato fino ad allora per una vettura giapponese, classificandosi decima assoluta e prima della categoria IMSA-GTP.
Il 1988 vide l'introduzione del motore a quattro rotori sulla Mazda 767, che successivamente avrebbe portato alla vittoria della Mazda 787B. Nel 1989, con una versione 767B migliorata, Mazda ottenne una impressionante tripletta nella classe GTP. Striscia vincente che non fu confermata dalla successiva Mazda 787 che nel 1990 non portò a termine la gara, gettando comunque posto le basi per la mitica vittoria della 787B l'anno seguente.
In onore del 30° anniversario dello straordinario risultato di Mazda, è stato creato un sito web speciale dove gli appassionati possono conoscere tutte le informazioni relative all’attività sportiva di Mazda: https://www.mazda.com/en/innovation/lemans30th/.